Mastrocola: «Ecco il mio lupo-scrittore che non rinuncia alla vita contemplativa»

LIBRERIA L’autrice di «E se covano i lupi» sarà oggi pomeriggio da MelBook Store

Mastrocola: «Ecco il mio lupo-scrittore che non rinuncia alla vita contemplativa»

Ha scritto un apologo per difendere il lavoro dello scrittore di romanzi. Chiusa - con successo - l’esperienza, tornerà (al più presto) al romanzo. Stiamo parlando di Paola Mastrocola che oggi pomeriggio alle 18 presenterà il suo ultimo lavoro (E se covano i lupi, Guanda) alla libreria Melbookstore di via Nazionale.
Un lupo e un’anatra protagonisti. Proprio come il suo ultimo lavoro. Una sorta di sequel?
«L’idea da cui sono partita, per la verità, è proprio l’immagine paradossale di un lupo che cova le uova. I personaggi principali sono gli stessi di Che animale sei? ma non direi che si tratta di un seguito. È una storia che si legge per se stessa».
«E se covano i lupi» ha la forma dell’apologo. È facile rintracciarvi parentele alte (Voltaire, Calvino e Saint-Exupery solo per fare qualche nome). A chi si è ispirata effettivamente?
«Quelli che cita sono tutti scrittori cui sono profondamente legata. Soprattutto Saint-Exupery che viene troppo spesso sottovalutato. Durante il lavoro di scrittura erano presenti sicuramente nel mio bagaglio personale di lettore ma non mi sono ispirata direttamente a qualcuno di loro. Il mio obiettivo era un altro».
E cioè?
«Ero soprattutto interessata a mettere al centro del racconto il sentimento dell’attesa. La cova, in effetti, è il tempo dell’attesa per eccellenza. Come la gestazione di una donna. È il tempo in cui ci si immagina il proprio futuro e ci si interroga su come sarà. Volevo mettere al centro della scena questo tempo sospeso che nella nostra vita di adesso è sempre più trascurato a vantaggio di una frenesia priva di profondità».
Le avventure/disavventure dell’anatra e del lupo dimostrano che la sua «critica» non si ferma alla frenesia del nostro vivere ma ha bersagli molto meno sfumati come certo giornalismo e certa televisione.
«Diciamo semplicemente che il mio ambisce ad essere un libro che difende il potere dell’immaginazione contro lo strapotere dei fatti. La rincorsa ossessiva al sensazionalismo della notizia lo trovo sempre più preoccupante».
Un lupo che cova è un felice paradosso. Simbolo della nostra epoca?
«Direi proprio di no. Purtroppo siamo assediati dal conformismo più becero, dove non si covano altro che pensieri omologati. Mi piacerebbe un ambiente come quello vissuto nel nostro Paese all’inizio del secolo scorso dove nascevano tanti movimenti di avanguardia artistica capaci - quelli sì - di provocare con intelligenza e di proporre un mondo davvero diverso».
Il lupo cova per fare esperienza e per vincere la sua indole contemplativa. Insomma si vive per scrivere?
«Non inseguirei l’esperienza a tutti i costi. Gli autori che preferisco hanno partorito i loro capolavori solo grazie alla loro immaginazione. Penso a personaggi del calibro di Arioso, Salgari e Emily Dickinson, che non è mai uscita dalla sua camera pur diventando la più grande poetessa di sempre».
Dall’alto della sua esperienza di insegnante, quali consigli di lettura offre ai suoi studenti? Classici o contemporanei?
«Non si può fare a meno dei classici. Non mi stancherò mai di consigliare i lavori di autori come Thomas Mann, Franz Kafka e Leone Tolstoj solo per fare qualche nome».
Roba impegnativa...
«Non dobbiamo cedere alla facilità della lettura.

La scuola ha il dovere di formare gli studenti e di dargli dei valori, anche letterari ovviamente».
E se un suo studente le dicesse che non ha letto il Tolstoj da lei assegnato preferendo un suo libro?
«Semplice: si beccherebbe un bel 5».

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