Mattanza dei cani in Spagna e l’Italia si appella all’Europa

Scenderanno in piazza, si stanno organizzando, la rete è al lavoro: mandano mail, lasciano annunci nelle bacheche, passano la voce. L’appuntamento è già fissato per l’8 maggio, e a quel punto saranno tantissimi. Sfileranno a Milano, Roma, Firenze, Torino, Venezia, in 12 città italiane. È la battaglia degli animalisti che va avanti da mesi, da anni, in prima linea a combattere contro l’orrenda e silenziosa mattanza di cani nei canili spagnoli, ma oggi è diventata anche la lotta dell’Italia contro la crudeltà di un Paese vicino, di un Paese membro dell’Unione Europea.
Le chiamano perreras, canili appunto. E sono veri e propri lager. Ogni cane che arriva lì ha tempo 15 miseri giorni per trovarsi una casa, un padrone, una famiglia che lo possa accogliere. Poi il tempo scade e la fine per lui è inevitabile. Lorenzo Croce, presidente dell’associazione Aidaa sa bene di cosa si parla. Lui è stato uno dei primi a sollevare il problema, a farsene carico con una serie di iniziative insieme a Giuliana Poletti, una ragazza che ha potuto visitare di persona le orrende perreras. «La cosa peggiore sono i metodi con cui questi animali vengono fatti fuori», spiega Croce. «Per risparmiare anche sull’iniezione letale i cani vengono lasciati per giorni senza acqua e senza cibo, così molti di loro, già provati e sofferenti, non arrivano vivi al giorno dell’esecuzione. Altri vengono gassati, bruciati vivi, annegati, con paralizzante neuromuscolare. Noi dobbiamo dire basta. Dobbiamo ribellarci a questa pratica incivile e crudele». Ogni anno 40mila cani in buona salute vengono trucidati per l’unica colpa di non avere un posto dove stare. Ma qualcosa si sta muovendo. L’Italia ha dichiarato ormai guerra a questa parte di Spagna insensibile e cattiva, e lo fa chiedendo l’intervento dell’Unione Europea. «Non è possibile che un Paese dell’Unione Europea non rispetti la direttiva europea che prevede il carcere per chi ammazza cani in buona salute. Noi a questo punto chiediamo che l’Ue faccia rispettare le norme». Il problema politico effettivamente c’è, perché in Spagna non esiste ancora una legge nazionale che tuteli la dignità e la salute dei cani, Tutto viene lasciato nelle mani delle regioni, e tutte finora, a parte la Catalogna, hanno optato per la soppressione. «Per questo abbiamo deciso di agire in senso politico, abbiamo già raccolto oltre 1500 firme e le abbiamo inviate all’ambasciata spagnola, vogliamo boicottare le vacanze in Spagna, fino a quando questa vergogna non finirà, abbiamo denunciato tutto alla Corte europea, abbiamo chiesto una condanna per la Spagna, non ci fermeremo». Intanto arrivano foto tremende dai canili, la maggior parte si trovano al sud della Spagna, da Jerez, in Andalucia, si vede questo cucciolo magrissimo, senza neppure la forza di restare in piedi. Ti guarda con i suoi occhioni tristi come per chiedere aiuto. «So che il problema sono le sterilizzazioni e i fondi per affrontare il problema, continua Croce. Per questo abbiamo proposto un fondo strutturale europeo con cui finanziare i canili». Sono pochissimi i cani che si salvano una volta entrati in una perrera. Molti di loro finiscono nei centri di sperimentazione e vivisezione per essere poi sottoposti a esperimenti.

Poi ci sono i fortunati, anzi, i miracolati: quelli che sono stati adottati dagli italiani. E negli ultimi anni sono sempre di più. L’8 maggio ci saranno anche loro, Bilillo, Flipper, saranno con i loro nuovi padroni, a scodinzolare, con la loro pettorina rossa con la scritta «Io sono vivo».

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