Maturità, solo un terzo dei privatisti viene ammesso all’esame finale

Partono i primi test. Il 40% di chi non frequenta sosterrà la prova da "dirigente di comunità infantile". Un tempo era un corso per infermieri, ora lo seguono i ragazzi perchè più facile

Maturità, solo un terzo dei privatisti viene ammesso all’esame finale

Avviata la macchina degli esami di Stato, i primi a scendere in campo sono i candidati privatisti che a Milano e provincia sono 1700 («poco meno di quelli dello scorso anno», precisano all’Usp, l’ufficio scolastico provinciale) che hanno già svolto le prove preliminari, primo ostacolo da superare. E dai primi rilievi degli scrutini arrivano i primi verdetti, come al Besta dove solo un terzo dei candidati è stato ammesso alle prove finali. Degli altri, in parte hanno ottenuto l’idoneità a frequentare il quinto anno, in parte sono stati bocciati su tutta la linea. Da notare che il Besta è una delle 7 scuole in cui sono stati distribuiti i candidati privatisti alla maturità di Dirigenti di comunità infantile che sono la maggioranza dei privatisti (quasi il 40% del totale).
Un fenomeno non certo nuovo che tuttavia sta radicalmente cambiando. «In passato – osserva Bruna Sinnone, preside del Besta – aspiravano a questo diploma per lo più adulti: infermiere alla ricerca di un titolo che permettesse loro di iscriversi a corsi di specializzazione per avere la possibilità di far carriera nella loro professione, persone che già lavoravano in asili e nidi privati alla ricerca di un titolo per svolgere la loro attività in piena regola. Un tentativo pienamente giustificato: per questo cercavamo di essere al massimo comprensivi. Adesso no. In questi giorni stiamo esaminando ragazzi che hanno un anno o due in più dei nostri allievi interni. Un brutto segno». Come si spiega questa nuova tendenza? «È chiaro – continua la professoressa Sinnone – . Si tratta di ragazzi bocciati nelle nostre scuole e che cercano una scorciatoia per non perdere anni, per superare le difficoltà che li hanno dissuasi dal seguire un normale corso di studi. Ma un sistema scolastico serio non può tollerare queste furbizie: per questo il nostro atteggiamento cambia. Non possiamo consentire in alcun modo che la scuola diventi un diplomificio». Si deve aggiungere per quanto riguarda l’indirizzo dei dirigenti di comunità infantile che nelle scuole statali esistono degli indirizzi analoghi, che tuttavia non raccolgono molte domande. Continuano a proliferare, invece, centri di recupero secondo il vecchio indirizzo, «che è più facile – precisa Bruna Sinnone – con poche materie e poche difficoltà». Questi sono i centri che promettono la maturità in un solo anno di preparazione. Un azzardo che costa migliaia di euro all’anno, ma che dà scarsi risultati. Almeno a Milano.
Qui infatti da anni sono in atto controlli particolarmente severi per combattere i diplomifici. Un’azione efficace che tuttavia non sembra ancora aver sconfitto il fenomeno. Perché sono gli stessi centri che gestiscono il mercato dei diplomi che organizzano i «viaggi della speranza» verso altre sedi, soprattutto al Sud, ma anche in diversi centri dell’Italia centrale.

La scelta della sede d’esame per legge dovrebbe essere il luogo in cui si vive e si studia, ma questa norma viene aggirata attraverso autodichiarazioni che i responsabili di certi provveditorati non controllano. Il mercato, insomma, può proliferare perché i controlli mancano.

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