MAURO MORETTI

Il principio è: tutti devono acquistare il biglietto

da Milano

Dicono che somigli a Gian Maria Volontè nel film «Il caso Mattei». Più banalmente Mauro Moretti, è un ferroviere e da un anno e mezzo è incaricato di una vera e propria mission impossible per un manager: risanare e, soprattutto, rendere efficienti le Ferrovie dello Stato. Gira con una Yaris: «Funziona benissimo». Le auto blu le ha abolite per sé e per tutti i dirigenti. Il suo stile è spartano. A Milano, riceve nell’ufficio del capostazione di Rogoredo, affacciato al binario: i suoi predecessori accoglievano gli ospiti a Palazzo Litta, uno dei capolavori del Barocco milanese. Lui Palazzo Litta l’ha restituito al Demanio: «Ci costava un milione all’anno e serviva solo all’amministratore delegato per le sue trasferte milanesi».
Nel 2007 ha tagliato spese inutili per 147 milioni. Ha risolto i contratti con le società di polizia privata e ha fatto un accordo innovativo con quella di Stato: adesso con 5 milioni l’anno la Polfer è tornata nelle stazioni anche di notte, contro i 30 che prima si spendevano per vigilantes che non potevano nemmeno arrestare. Nei primi 15 mesi del suo mandato le Ferrovie sono «dimagrite» di 6mila persone, compresi 150 dirigenti, in maniera indolore, senza piani di esuberi.
È stato per quattro anni sindacalista della Cgil: «Mi volle Lama ai tempi in cui presidente era Ligato, un uomo che con le Ferrovie c’entrava nulla. Era il 1986 e fui chiamato perché il sindacato doveva essere ricostruito; a quei tempi l’Italia andava peggio di oggi».
Nel novembre del 1988 Mario Schimberni, allora commissario straordinario, gli chiese: lei quanta gente licenzierebbe? Moretti ci pensò qualche attimo: «Cinquantamila». L’accordo fu firmato due anni dopo: 50mila tagli, appunto. Oggi spiega il calcolo: «Semplice: erano state assunte 50mila persone senza che ci fosse stato alcun miglioramento di produttività. Voleva dire che non servivano». Si è mai visto un sindacalista appassionato di produttività?
Se non ci fosse il passato alla Cgil, le sue rigidità di oggi potrebbero essere considerate in perfetto stile Federmeccanica. La legalità per esempio. Il principio è: tutti devono pagare il biglietto. A sinistra non sono stati sempre tutti di questo avviso. Così quando i dimostranti veneziani diretti a Roma per manifestare contro Bush volevano farlo gratis, a spese delle Ferrovie, lui ha bloccato i treni. Ripartiti dopo alcune ore, quando tutti i passeggeri sono risultati in regola: «Ho fatto lo sconto comitive», osserva con un guizzo d’ironia. Moretti lancia un segnale obliquo: «Il discorso vale anche per i tifosi. E se qualcuno mi ordina di spedirli in treno, io la fattura la mando a lui».
Alle Ferrovie è arrivato per la strada principale: un concorso. Un bando delle Fs per laureandi («modello attualissimo»), un milione di lire più biglietti gratis per un anno. Lo vinse (era al quarto anno di ingegneria a Bologna) e nel 1978 entrò in azienda, scorrendola tutta: impianti elettrici, tecnologie, officine. Ha studiato l’elettrificazione dell’Alta velocità, anticipando lo standard europeo, 25 kilovolts: senza quello, non si potrebbe viaggiare a 300 orari. Poi Metropolis, la società degli immobili, antesignana di Grandi Stazioni. È stato incaricato di studiare il modello societario dopo la liberalizzazione. Poi l’area trasporto a Firenze, e nel 2001 la guida di Rfi, la società che gestisce l’infrastruttura, cioè i binari.
Moretti non è un politico: è un ingegnere, e ne ha il carattere. Che vuol dire rigore, chiarezza. Durezza se necessario. Nel 2006 lo ha chiamato Tommaso Padoa-Schioppa, che in quanto titolare del Tesoro è il padrone delle Ferrovie, e gli ha offerto il vertice dell’azienda. Lui ha risposto più o meno così: «Accetto a due condizioni. Primo, di non essere, come i miei predecessori, presidente e amministratore delegato. Io voglio solo la gestione; il presidente e i consiglieri devono essere persone indipendenti e di garanzia. Secondo. Dovete sistemare i rapporti tra le Ferrovie e lo Stato. Che al tempo stesso fa le regole, fa l’azionista e fa il cliente. Troppa confusione».
La promessa c’è stata. Ma con lo Stato i rapporti sono ancora così e così. Per esempio, l’ultima Finanziaria ha ridotto i soldi a disposizione delle Regioni per pagare il servizio da 1.650 a 1.300 milioni. «È il 20% in meno. Lo Stato vuole tagliare i servizi? Lo faccia, è una scelta politica». E precisa: «Le Fs sono una società per azioni: se non pagano e dò ugualmente il servizio, rischio un’azione di responsabilità oltre che il fallimento». Già porre il problema in questi termini è una rivoluzione.
È proprio sul concetto di impresa che, da ingegnere, insiste. È riassumibile così: dove c’è mercato, quelle aree di trasporto dove i ricavi sono superiori ai costi, l’azienda sta in piedi da sola. Dove non c’è mercato, lo Stato e le Regioni devono decidere che cosa vogliono, e le Ferrovie prestano il servizio come fornitore, su corrispettivo. «Diventa un servizio universale, come portare l’acqua nei paesini di montagna. Deve pagare la comunità». Il principio risale al 1998, ma finora non ha soddisfatto nessuno, a cominciare dai pendolari. «Il problema riguarda Milano, Roma e, in diversa misura, Torino e Genova. Nelle due ore di punta, a Milano, entra una popolazione come due volte l’Umbria, e in quelle ore non ci sono treni sufficienti». E allora? «Le Regioni decidano che servizio vogliono, spetta a loro. Il biglietto è solo una parte del costo, e in Italia oggi i costi sono i più bassi: 3,5 centesimi al chilometro pagati dal passeggero, più 6,8 dal sistema pubblico; in Germania sono 7,3 dal cittadino e 12,5 dallo Stato; in Francia 11,9 più 9,9. Libere le Regioni di fare gare internazionali, ma questi numeri siano chiari. E se per caso tedeschi o francesi volessero fare dumping in Italia, siamo pronti a ricorrere alla Corte di giustizia europea per aiuti di Stato».
Ma le Regioni pagano? «Non tutte, e comunque poco», è la risposta. «Se nel 2008 ci saranno dati i soldi per il trasporto locale, il bilancio del gruppo Fs chiuderà in pareggio».
Moretti ha ripreso in mano la contrattazione con le Regioni e ha inventato quello che tutte le imprese hanno già: un catalogo. Finora il prezzo del servizio si basava solo sui chilometri. Ora c’è un tariffario completo a disposizione dei clienti: un treno vecchio costa meno di un treno nuovo, un convoglio di 150 posti viene fatturato diversamente da uno di 450 o di 700, la notte è più cara del giorno perché incide il notturno nelle buste paga. La strada è avviata, tutto diventa chiaro e non casuale, e «se le Regioni vogliono fare le gare, adesso hanno i capitolati pronti».
Un passo culturale decisivo. Ma il vero salto di qualità per il trasporto regionale arriverà con i famosi «1.000 treni per i pendolari» previsti nel piano industriale che il governo ha approvato solo politicamente, senza cioè prevedere come reperire gli adeguati stanziamenti. Ma in perdita non è solo il trasporto locale. Si fa prima a dire che cosa è in attivo per capire quanto sia complicata la missione di Moretti: la rete passeggeri Torino-Venezia e Roma-Napoli, di giorno. Tra Roma e Bari guadagnano due treni al giorno, tra Reggio Calabria e Napoli uno solo. I quattro Eurostar tra Ancona e Roma sono in perdita. Ma quando le Fs hanno messo in discussione il servizio sono scoppiate polemiche e pressioni a non finire. La stessa logica ha voluto che la linea dell’Alta velocità Milano-Torino corresse lungo l’autostrada, costringendo a rifare tutti gli svincoli, per motivi «non ferroviari» ma a spese delle Fs. La stessa logica, ancora, sulla Bologna-Milano ha imposto barriere antirumore anche quando di qua e di là ci sono campi di frumento.
«Quando Andreotti diceva che ci sono pazzi che credono di essere Napoleone e pazzi che credono di poter risanare le Fs non conosceva le Ferrovie, ma conosceva tutto quello che ci sta attorno», commenta Moretti. Che per pazzo non vuol passare. Esattamente come l’Alitalia, «impresa prigioniera delle logiche non imprenditoriali, piena di rotte improduttive volute dalla politica a tutti i livelli». Una novità viene dall’Alto Adige. La Provincia di Bolzano ha voluto allargare il servizio ferroviario con più frequenze e più collegamenti e se n’è assunta il rischio. «Noi vendiamo il treno vuoto per pieno e giriamo a loro gli incassi». Una logica che assomiglia a quella dei voli charter, venduti all’ingrosso ai tour operator. Anche grazie a un aumento delle tariffe, nel 2007 i conti sono migliorati di 1.700 milioni. Nel 2006 le perdite nette erano state di 2,12 miliardi, nel 2007 sono scese a 420 milioni su un fatturato di circa 6 miliardi. Più significativo il margine operativo: nel 2006 era negativo di 670 milioni, nel 2007 ha invertito: più 300. Per il 2008 si punta, come abbiamo visto, al pareggio.
E intanto si lavora nei cantieri e sulla finanza. Nel dicembre 2008 sarà attiva la Bologna-Verona (un progetto di cui parlavano già Mussolini e Hitler), e si andrà da Milano a Bologna in un’ora con i treni dell’Alta velocità. Nel 2008 sarà completata anche la ristrutturazione della Centrale di Milano. Nel dicembre 2009, sarà operativo tutto l’asse veloce Torino-Salerno, si andrà da Roma a Milano in tre ore, da Milano a Napoli in 4 e 15. «Porteremo via il 70% del traffico tra Linate e Fiumicino e il biglietto non costerà molto più di oggi». Anche per le merci ci sono risultati visibili. La rete è stata riorganizzata in un sistema di hub intermodali. «Il primo anno pensavamo di perdere traffico, invece lo abbiamo aumentato del 4%».
L’attività cargo viene anche esportata: il trasporto merci effettuato dalle Fs all’estero è circa un terzo di quello interno, ed è superiore a quello fatto in Italia dagli stranieri. In Germania le Fs hanno una società incaricata di tutte le operazioni internazionali e che è leader nel trasporto di auto: «Le Bmw le distribuiamo noi». Con le Poste è stata creata una società per la logistica, sono avviate partnership con operatori marittimi.
Tutto questo ha esplicite prospettive finanziarie: sistemati i conti, l’obiettivo è il mercato finanziario: «Perché il mercato dei capitali dà più forza contrattuale anche nei confronti degli enti locali. I contratti di servizio devono essere scontabili in banca».
Anche le lamentele più semplici trovano risposta: il sistema tariffario passeggeri è farraginoso? «Abbiamo trovato un sistema informatico disastroso, troppo complicato. Lo abbiamo già semplificato del 40%, l’obiettivo è avere solo quattro livelli di tariffe: normale, senior, junior, handicap, con sconti con le carte viaggio». I treni sono sporchi? «Lo ammetto. Con i consumatori abbiamo dato incarico a una società terza, di fama mondiale, la Sgs, di verificare se il lavoro delle società incaricate del servizio viene svolto correttamente. Stanno elaborando i dati e a breve, dove necessario, risolveremo i contratti per inadempienza».

Tutto il pensiero di Moretti sembra puntato a obiettivi schiettamente liberali: fare impresa, quadrare i conti, espellere la politica o comunque ridimensionarne il ruolo a quello di indirizzo.
Napoleone? Forse. Ma il suo mandato scadrà nel 2010.

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