Francesca Amé
«Mio padre aveva un legame molto speciale con Milano. È una storia lunga, iniziata con la creazione del padiglione svizzero alla Triennale del '36 e continuata con quella del '51, senza contare i contatti con gli amici artisti e con i galleristi: conosceva molto bene la tratta Zurigo-Milano».
A parlare è Jakob, figlio di quel Max Bill che fu pittore, scultore, architetto, designer, persino tipografo: Jakob era in città perché Palazzo Reale dedica al padre una monumentale monografica che, attraverso duecentocinquanta opere, ripercorre tutta la sua poliedrica attività («Max Bill», sino al 25 giugno, catalogo Electa).
«Abbiamo realizzato un'iniziativa originale poiché ospitiamo al piano nobile di Palazzo Reale, di solito destinato all'arte classica o ai grandi nomi come Picasso o Modigliani, un esponente dell'arte contemporanea - ha commentato l'assessore alla Cultura Stefano Zecchi -. Max Bill è un ottimo esempio di uomo novecentesco che spazia, eccellendo, da un settore all'altro delle arti».
L'esposizione che è stata curata da Otto Letze e Thomas Buchsteiner dell'Institut für Kulturaustausch di Tubinga, ha già fatto il pieno di visitatori a Stoccarda: a Palazzo Reale gode di un luminoso allestimento dove le opere, specie le sculture, trovano piena valorizzazione.
Se è stato difficile incanalare la magmatica attività di Max Bill (1908-1994), che nella vita collezionò una sfilza di premi nella pittura, nel design e anche nell'architettura, è stata invece semplificata l'attività dei curatori sul fronte dei prestiti: Bill amava infatti conservare per sé molte delle opere più significative.
Il percorso della mostra si apre con i lavori della prima giovinezza, quella a cavallo tra gli anni Venti e Trenta vissuti alla Bauhaus di Walther Gropius: gli autoritratti si alternano alle composizioni spaziali e a opere come il famoso «Neger Kunist», il rilievo ondulato.
Poi si procede per temi e questo è un bene perché in un artista onnivoro come Max Bill una stessa suggestione viene sovente declinata in modi differenti a seconda delle discipline. Accade ad esempio nella sala intitolata Variazione dove una sfera tagliata è ora disegnata, ora moltiplicata, ora scolpita in granito.
Padre fondatore dell'Arte Concreta, Max Bill per tutta la vita segue il principio da lui stesso postulato nel '47: «L'arte concreta è nella sua ultima conseguenza la pura espressione della misura e della legge armonica». E misura e armonia troviamo nella sua architettura (madre delle arti per Bill), nei grandi quadri dai colori brillanti e negli oggetti ormai diventati dei classici del design come la macchina da scrivere Patria, gli orologi e lo Sgabello di Ulm, anch'essi in mostra.
Dovessimo scegliere due sale da non perdere, diremmo quella dedicata ai tanti progetti architettonici (tra cui la sua abitazione-atelier e la famosa, razionalissima, Hochschule di Ulm) e quella arricchita dagli studi sul Nastro di Möbius, che Bill declina ora sulla tela, ora in sculture dorate. Al tema del nastro infinito, in cui la fine, con una semplice rotazione di 180 gradi, si trasforma nell'inizio, Max Bill lavorò per oltre cinquanta anni.
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