Max, più forte senza miss «M’innamoro in piscina»

Finita la love story con Roberta Capua, confida: «Sui blocchi mi emoziono per quanto mi piace questo sport»

nostro inviato a Budapest

Cosa ci sarà mai nella dolce acqua della piscina sull’Isola Margherita? Un elisir di giovinezza. Max Rosolino non ha dubbi: «Qui sono tornato come a Sydney, dove c’era l’acqua santa». Ventotto anni e non li dimostra. Il napoletano d’Australia non ha perduto la vena del fighter da piscina: combatte, perde, vince, fatica, non si tira mai indietro. L’anno scorso il ct Castagnetti gli aveva detto: «Sei pronto per fare solo le staffette». Quest’anno, e per ora, è l’azzurro più decorato: due argenti, 400 e 200 stile libero, uno più lussuoso dell’altro.
Ieri Rosolino si è messo testa a testa con l’olandese van den Hoogenband fin dal mattino: semifinale con ultima vasca allo sprint. Max ci prova perché vuole vincere, quell’altro se la prende comoda, salvo allungare le ultime tre zampate da altezza reale, che servono a vincere. Nel pomeriggio, storia diversa. «Avrei potuto osare di più, ma ho capito che era impossibile star vicino a Peter. Inutile fare il pazzo». Medaglia raccolta per la soddisfazione di un inossidabile veterano, come si definisce lui. La parte gli piace: gioca e ci gioca. Ha già intravisto la fine della storia con le Olimpiadi di Pechino, 2008. Una storia di successi cominciata nel 1997. Sono nove anni che sente inni, su e giù dai podi. Ricorrenza felice qui a Budapest dove, guarda il caso, ha vinto gli stessi metalli di quella volta a Siviglia: due argenti nei 200 e 400 stile libero. Lo ricorda e sorride. «Sono nato a Vienna, correndo i 200. Nel ’97 ho fatto l’exploit delle due medaglie. Poi sono stati sempre grandi podi. Sono felice, non appagato. Mi sono divertito e questo conta».
Non è aria di testamento, piuttosto un modo per liberare il cuore. Più di una volta Rosolino ha dato la sensazione che la sua macchina umana si fosse consumata. Nato per stupire, non per stufare, Max ha dimostrato a tutti quanto conti la forza della volontà. Ed anche stavolta ci ha preso. «Negli ultimi sei mesi la preparazione ha funzionato, bisogna insistere. Ai mondiali di Melbourne decideremo su quale gara puntare alle Olimpiadi. Ho passato tutto l’anno in buona condizione, mi sono sempre difeso, non ho mai avuto il tallone d’Achille. Nessuno è immortale, ma noi ci andiamo vicini». Gusto della battuta e dell’eccesso si toccano, si confondono. Ma quando nuota, Max mette la testa sotto e comincia a pedalare. Ha trovato in Filippo Magnini un bel compagno d’allenamento. La concorrenza stimola. L’interessato conferma: «Magnini ed io abbiamo la stessa impostazione e si vede in gara: lui ha più velocità di base, io un pizzico di potenza in più. Io sono dieci anni che mi sfido con van den Hoogenband e lui ieri ha detto che è sempre un piacere. Anche se ora pensa a battere Pippo, la sua bestia nera».
Il resto è vita e Rosolino è uno che se la spassa. Si è lasciato con Roberta Capua, ha ricominciato a vincere. «Lo sport è lezione di vita». Lo ha raccontato con quella sua aria scanzonata. Non fa il filosofo a tempo perso, però sa godersi le sensazioni che valgono una vita nello sport.

«Quando sono sui blocchi mi emoziono sempre, perché faccio sport ancora con amore». Sport e amore si incrociano sempre nella sua storia. Dice: «Qualche volta sono vincenti insieme, qualche volta no». Ora è il momento in cui conta lo sport e meno l’amore. A ognuno la sua medaglia. \

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