Politica

Una maxitruffa in azienda? I vertici possono non sapere

Nelle imprese telefoniche come Telecom e Fastweb sono i tecnici a controllare traffici e contabilità. E i capi difficilmente si accorgono se qualcosa non va

A leggere i comunicati riportati, immagino imperfettamente, dai giornali, la frode fiscale sull’Iva di cui si discute, nel caso di Telecom e Fastweb sarebbe un «carosello», una frode molto nota in sede comunitaria. Ma non è così, perché con questo termine si designa una frode, rivolta a ottenere ripetuti rimborsi Iva sulle esportazioni, per una stessa merce che «gira» fra le frontiere tornando al paese di origine. Da qui il termine «carosello». Un servizio telefonico non può essere oggetto di carosello, perché si consuma mentre viene fatto.
Ho letto su Repubblica che le cessioni dei servizi in questione erano (e sono) esenti da Iva all’esportazione in quanto si tratta di traffico comunitario. Questo è un errore grossolano. Tutte le esportazioni anche fuori comunità europea sono Iva esenti perché l’Iva è una imposta sui consumi e quindi ciò che si esporta non paga l’Iva. Invece l’Iva è dovuta su tutte le importazioni. Anche qui qualcuno commette inesattezze dicendo che c’è una neutralità Iva fra Stati europei. Infatti le telefonate dall’estero importate in Italia, pagano l’Iva in Italia, sia che vengano da uno Stato dell’Unione europea o da uno Stato terzo. Le frode Iva possono essere fatte sia sull’importazione, omettendo di pagare l’Iva, sia all’esportazione per i rimborsi all’esportazione. Qui ci sono due ipotesi. Prima ipotesi: l’esportatore che ha comperato un bene o un servizio che esporta, ha diritto al rimborso dell’Iva su tale esportazione; ma l’importatore che ha fatturato l’Iva all’esportatore, non la paga all’erario e sparisce. Nella terminologia comunitaria questa ditta fantasma, si chiama «missing trader», commerciante che si perde. Seconda ipotesi: poiché gli importatori debbono autofatturarsi per l’Iva all’importazione (in quanto i beni e servizi arrivano dall’estero senza Iva), lo possono fare gonfiando le fatture o fabbricando fatture inesistenti. In questo secondo caso (ma solo allora) questi operatori sono una «cartiera», perché producono «carta» di false fatture «ivate». Qui c’è un punto delicato.
Se la fornitura è vera, il cliente non è tenuto a sapere se chi gliela ha fatta, ha versato l’Iva oppure è sparito. Se la fattura è finta o gonfiata, se il compratore è una ditta familiare, se ne accorge. Se è una grande ditta i capi se ne accorgono solo se si tratta di ingenti acquisti di merci, che vanno al magazzino e che non collimano con la sua contabilità. Se però si tratta di merci di piccola dimensione come i microchip dei computer o dei telefonini (tipico oggetto di frodi Iva carosello) il capo dell’impresa non se ne può accorgere facilmente perché il controllo fisico del magazzino è arduo e lui deve stare alla contabilità. Se poi si tratta di micro onde telefoniche, il controllo è evanescente perché non transitano per un magazzino. Di solito, i manager delle grandi ditte hanno altri metodi per lucrare sull’impresa e farsi dei tesoretti a parte. Si tratta di frodi fatte da dirigenti e impiegati, fra loro, collusi, che si spartiscono il bottino. A proposito di fatture per traffico telefonico internazionale gonfiato o non esistente si cita il caso di World Com, la grande società di comunicazioni telefoniche internazionali americana che fallì. Ma è un caso diverso. Essa lo fece per incamerare utili da ditte ad essa affiliate a cui fatturava finte prestazioni per fare risultare nella contabilità della casa madre dei guadagni, mentre le società figlie avevano maggiori costi. Un espediente che non ha evitato l’insolvenza. Gonfiare le fatture è un metodo che, invece, piace ai dirigenti per ottenere dei premi di produzione dai loro capi e per farsi propri tesoretti personali. Il meccanismo, impropriamente chiamato carosello, consiste nel gonfiare le fatture reciprocamente fra la società A e B. L’impresa telefonica A gonfia le fatture a favore di B di 100 e B gonfia le sue fatture a favore di A di 100. In cassa a ciascuna rimane quanto aveva prima. Ma ciascuna ha un fatturato maggiore. Ovviamente ogni volta bisogna pagare l’Iva, ma non è un vero costo, perché lo si recupera detraendola dall’Iva sulle vendite interne o con il rimborso sull’export. E non c’è nemmeno un’evasione Iva, perché sono gonfiate sia le vendite che gli acquisti. Chi controlla quante telefonate e di quale qualità sono transitate da una rete all’altra giornalmente? Solo i tecnici addetti a questi calcoli e chi li riporta nella contabilità.
È molto difficile che i capi lo sappiano, tranne se sono loro a organizzare il traffico.

Ci sarebbe, a questo punto, il tema aggiuntivo del riciclaggio, ma questo è un discorso a parte che riguarda una legge mal fatta, che funziona peggio.

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