Cronaca locale

May day parade De Corato: «Basta impunità per i writer»

«Che a imbrattare i muri di Milano ci fosse pure un 50enne la dice lunga. E che in quell’anno fossero apparse anche scritte ingiuriose e scarabocchi persino sulla Torre del Filarete del Castello Sforzesco e sul muro del Museo Diocesano è ancora più emblematico di uno scempio portato avanti da centri sociali e dintorni che deve finire. Che il giudice di pace abbia ammesso il Comune parte civile è solo il primo step. Perché il principio è chi rompe paga. E l’obiettivo è quello portare alla condanna dei responsabili, cui il Comune chiederà anche 7mila euro di risarcimento per danni materiali e all’immagine». Al vicesindaco Riccardo De Corato, quelle scritte nonno sono andate giù. «Terrorista è chi sgombera, sfrutta e sfratta», «Più case meno sbirri», «Più case meno chiese», apparse su due edifici comunali e uno privato in via De Amicis durante la «May day parade» del primo maggio 2008. Responsabili tre italiani (di 50, 22 e 23 anni) che ora sono finiti a processo.
«Da almeno un decennio - spiega De Corato - va avanti il solito rito del primo maggio condito da imbrattamenti e danneggiamenti. I cahier de doleance sono lunghissimi. Le vetrine imbrattate, i manifesti e i vandalismi di ogni genere, nel 2003. Nel 2004, danneggiamenti di telecamere e banche e perfino una vigilessa aggredita. Nel 2005, tra le solite scritte, è spuntata la vergognosa “10, 100, 1000 Nassiryia” apparsa a caratteri cubitali su un palazzo di via Lanza. Il 2006, prima dei fischi e degli insulti del 1° maggio, c’erano state le devastazioni dell’11 marzo in corso Buenos Aires: feriti una decina di agenti delle Forze dell’ordine, 450 mila euro di danni, 24 auto incendiate o danneggiate, vetrine di negozi e banche distrutte». Ancora, «nel 2007 appelli all’insurrezione, minacce di reazioni contro gli sgomberi apparse su tutto il percorso del corteo. Nel 2008 la “chicca” dell’imbrattamento del Castello.

Per l’edizione 2009 ben 33 operatori dell’Amsa dovettero rimuovere 8 tonnellate di rifiuti».

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