Cronaca locale

«Mayumana», da Israele un musical di fuoco

Il regista e fondatore del gruppo, Eylon Nuphar: «Siamo nati quasi per scommessa, ora abbiamo fra noi giovani di diciannove Paesi»

Ruggero Rastelli

nostro inviato a Madrid

L’appuntamento è a Madrid, al Calderon: classico teatro fine Ottocento, quattro ordini di palchi, vecchi ori che tentano di farsi strada nella luce incerta dei lampadari. Fuori, giovani in coda: saluti, effusioni, voci eccitate. Mayumana sta per andare in scena. Un ritorno: tre anni fa ha fatto più di 200mila spettatori, sei mesi in cartellone: proprio come da noi… Musical, show, teatro: difficile definirlo. Diverso dagli altri, questo è certo. La pubblicità riprende una celebre pila: “Pura energia!” proclama lo slogan. A tratti fin troppa, come scopriremo.
Lo spettacolo andrà in scena anche a Milano, Teatro Nuovo, dal 2 al 10 novembre, preceduto da un’anteprima. «Un tentativo di sondare gli umori italiani, se tutto è ok torniamo l’anno prossimo con un tour alla grande: tutta Italia ci deve vedere» s’infervora Fabio Merafino, il promoter che ci accompagna.
Si spengono le luci: che lo spettacolo cominci. Nero in sala, colpi di tosse, le voci si smorzano. Attesa, silenzio. Di colpo, un riflettore sciabola sul palco. Sono in dieci: figure ieratiche che si fanno scudo di grossi bidoni. Lentamente, si muovono: accennano qualche passo di danza, poi si scatenano. I suoni cupi, ritmati, riportano a ere antiche, civiltà sepolte riprendono vita: lontani ricordi si affannano alla memoria. Il pubblico segue affascinato il lungo racconto, fatto di danza, ritmo, musica e humour: le scene si susseguono senza sosta.
Sulle tavole c’è di tutto. Come in uno spettacolo della Commedia dell’Arte lo stupido, il malvagio, il clown danno vita a un tutto unico in cui Stomp, Kataklò, Shaolin e Marta Graham si mescolano in citazioni divertite: un’ora e venticinque di puro spettacolo, energia che traborda e sommerge.
Mayumana vuol dire “abilità, capacità, destrezza” in ebraico. Sì, perché lo spettacolo nasce proprio nella terra d’Israele, in un kibbutz dell’Alta Galilea, Kefar Blum. Storia incredibile, questa, che meriterebbe a sua volta di andare in scena.
Eylon Nuphar e Boaz Barman, i fondatori, si ritrovarono dieci anni fa a parlare della vita, del significato dell’esistenza, di come il tempo scorreva. Temi grossi, importanti, ai quali i due decisero di dare una risposta fuori dalle righe: uno spettacolo, anzi una compagnia che andasse in giro a proclamare che non di sola guerra vive l’uomo.
Mayumana è andato in scena per la prima volta nel luglio 1998 allo Tzavta Theater di Tel Aviv, ottenendo un immediato successo. Otto mesi più tardi la compagnia ha scelto una nuova location (la Mayumana Hall) ricavata da un vecchio capannone nel porto di Jaffa.
«Siamo nati quasi per scommessa, ora portiamo il nostro messaggio per il mondo» spiega Eylon. Musical made in Israel: singolare. «Non così tanto – risponde il regista –. Si crede sempre che da noi non si pensi ad altro che alla guerra e a come sopravvivere: Tel Aviv è un melting pot come New York, quindi ogni comunità porta la sua influenza. Siamo profondamente diversi dal resto del Paese. Da noi c’è una grande voglia di vivere: abbiamo una vita artistica e culturale molto intensa, gli spettacoli più famosi scelgono la nostra città come location in Medio Oriente, i giovani vogliono divertirsi… Certo, nel resto di Israele è diverso».
«Mayumana è uno spettacolo che nasce da solo con la vita – continua Eylon –, la nostra compagnia è formata da elementi di diciannove Paesi, quel che conta è l’abilità. Tutti hanno qualcosa di speciale, noi facciamo emergere quello che hanno dentro di loro. Siamo sempre alla ricerca di nuovi talenti, anche a Milano faremo delle selezioni per trovare altri ragazzi disposti ad affrontare con noi questa esperienza. Chi ci andrebbe bene da voi?: ecco, Zucchero sarebbe perfetto… No, non abbiamo ragazzi arabi nel gruppo, ma solo perché non li abbiamo trovati: forse a loro non interessa».
Come definire Mayumana? «Uno show globale, non locale. In ogni Paese adottiamo situazioni e slang del posto. I nuovi venuti devono fare un anno e mezzo di prova ed essere capaci di sopportare sei-otto mesi di allenamento prima di entrare nella troupe: al termine ognuno avrà acquistato nuove abilità: yoga, hip hop, danza africana, improvvisazione, recitazione, rock-climbing, junk-food digestion, percussioni e altro».


La compagnia è formata da quaranta elementi, divisi in tre gruppi: due portano in giro lo spettacolo (a Milano arriverà il gruppo principale, quello “storico”) mentre il terzo mette in scena Adraba per intrattenere i più piccoli.

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