Spettacoli

McDowell, un'alluvione di fantasie sulla morte

L'autore statunitense collezionava cimeli funebri. E il suo mondo letterario è orrorifico e grottesco

McDowell, un'alluvione di fantasie sulla morte

Michael McDowell aveva una passione fuori dal comune: la morte. Collezionava tutto ciò che appartiene al canone in base a cui i vivi omaggiano i defunti, e a volte li oltraggiano: ciocche di capelli, oggetti preziosi, ritagli di giornali, modelli di lapidi e di bare. E poi lettere di condoglianze, cartoline con immagini di esecuzioni, sepolture di massa, cimiteri, processioni funebri, corpi mummificati. E foto di corpi dissezionati, e persino foto di... spiriti. È la sua «Death Collection», e la realizzò nell'arco di alcuni decenni, stipando il tutto in 67 scatole contenenti cimeli datati dal 1616 alla sua, di morte, avvenuta a Boston il 27 dicembre 1999. Chi fosse interessato a vederla deve andare a Evantson, Illinois, alla «Charles Deering McCormick Library of Special Collections», un'istituzione in fatto di collezioni rare, per non dire uniche.

Chi invece proprio non se la sente, ma vuole comunque avvicinarsi al modo di vivere la morte, e dunque di scriverne (perché è di uno scrittore che stiamo parlando), di Michael McDowell, nato a Enterprise, Alabama, l'1 giugno 1950 e portato via dall'Aids prima che varcasse la soglia dei 50, può leggere uno dei suoi 27 romanzi (anzi, 26,5, come diremo). È L'inquilino senza nome, traduzione italiana di Toplin, uscito nel 1985, il primo libro di McDowell pubblicato da noi, presso Frassinelli, nel '95. L'inquilino senza nome del titolo è infatti uno fra i personaggi più disturbati, disturbanti e macabri che sia dato incontrare in letteratura. Chi McDowell lo conosce bene dice che i suoi riferimenti letterari vanno ricercati in H.P. Lovecraft e in Eudora Welty, e ha ragione. Ma possiamo anche risalire più indietro nel tempo, fino ai racconti di Edgar Allan Poe, in particolare a quelli riuniti in Tales of the Grotesque and Arabesque.

Dunque, l'inquilino incontra in un locale una cameriera, ed è terrore a prima vista. «Fui fermato dalla sua bocca aperta, quel buco sorprendente che avrebbe dovuto essere coperto da una benda. Desiderai l'arrivo di un Cristo che potesse guarirla. Fissai i suoi denti come avrei desiderato fissare i suoi occhi. Erano aguzzi, scoloriti, di dimensioni irregolari. La lingua penzolava fuori, un millepiedi sanguinolento. (...) Le pupille degli occhi dissimili erano dilatate». L'inquilino, che narra in prima persona, è un bell'uomo, ha un buon lavoro e persino una fidanzata, nonostante tutte le sue fobie e paranoie. Ma dal momento in cui s'imbatte nella cameriera Marta si dà una missione: lei è la Morte e lui vuole salvarla, uccidendola. Ora, che cosa sono anche le Berenice, Morella e Ligeia di Edgar Allan Poe se non incarnazioni della morte? Così per l'inquilino inizia la caduta negli inferi della propria psiche. «Come un minuscolo granello di senape soffiato per caso nella stretta crepa di un muro di granito, la cameriera del Baltyk Kitchen piantò radici nella mia anima indurita dalla vita, indebolendola, minacciando di spaccarla, di alterarne la simmetria e la compattezza. Lei fu la molla, la chiave di tutto ciò che avvenne in seguito. Mi accecò con una penetrante luce stigia. Il suo alone era stato forgiato nell'inferno».

Detto che McDowell fu un'eminenza grigia, anzi nera, dietro le quinte del cinema, avendo sceneggiato Beetlejuice del suo amico Tim Burton e adattato The Nightmare Before Christmas di Henry Selick, e detto che fu scoperto per caso da George Romero, siamo in debito con il lettore di quel... mezzo romanzo. È Candles Burning (Come candele che bruciano nell'edizione Sperling & Kupfer del 2010). McDowell morì prima di terminarlo e a concluderlo fu Tabita King, la moglie di Stephen, altro suo sodale e spirito fratello. Qui siamo distanti dal contesto claustrofobico e malato di L'inquilino senza nome, trattandosi di una contorta saga familiare innestata dall'orrendo assassinio del padre della narratrice, una sorta di road movie quasi tutto al femminile.

E ora che di McDowell sta uscendo finalmente in Italia un'altra saga, in sei libri, Blackwater (Neri Pozza), sempre con donne inquietanti abbiamo a che fare. Siamo nei pressi dello scenario di Come candele che bruciano, cioè la Florida selvaggia e gotica dell'estremo Ovest, dove le acque dell'oceano si mescolano a quelle di due fiumi, il Perdido e il Blackriver, ma nel 1919, non negli anni '80. Nella cittadina che prende il nome dal primo fiume, viene salvata da un'alluvione una misteriosa ragazza, Elinor. L'uomo che l'ha riportata nel mondo dei vivi e vegeti impiega pochi giorni a innamorarsene, e poche settimane a capire che non si tratta di una donna qualsiasi. Lei pare un incrocio fra una silfide e una sirena, per come si muove in simbiosi con la natura. Ma non con gli umani, prima fra tutte la futura suocera, madre possessiva di Oscar.

In La piena, primo titolo della serie uscito due giorni fa (seguiranno, a cadenza quindicinale, La diga, La casa, La guerra, La fortuna e Pioggia) assistiamo all'ascesa di Elinor nella comunità di boscaioli dove i neri sono ancora tutti nei ranghi della servitù.

Sarà più fata o più strega? Forse entrambe, nemica e amica della morte.

Commenti