Un rigore in movimento e un destro che non perdona Maier. Sono i fotogrammi di un gol che ha il gusto liberatorio della vittoria. Italia-Germania 4 a 3. Si è consumato l'ultimo e definitivo atto. «Quarant'anni dopo ricordare quell'episodio è sempre piacevole, altro che tormento! Lo è stato per me, così come per tutta la nazione. E poi ognuno ha festeggiato a modo proprio».
Rivera, vinse davvero la squadra con più cuore?
«Diciamo che fu una partita estremamente equilibrata, giocata a viso aperto da due formazioni di pari livello e di medesima intensità agonistica. A volte basta un episodio. Loro furono bravi nei supplementari a passare in vantaggio, così come noi a raggiungerli per poi superarli».
Su quei trenta minuti vissuti in apnea c'è ancora qualcosa da raccontare?
«Direi di no. Italia-Germania è stata davvero vivisezionata. Credo sia stata fatta l'analisi di ogni singola azione».
A proposito di azioni, rivedendo le immagini si nota molto chiaramente quanto il gioco a quei tempi fosse molto compassato, ma con un bagaglio tecnico considerevole.
«Era un calcio molto diverso da quello attuale. All'epoca prevaleva il palleggio e chi aveva tecnica, ed erano in molti, ti faceva correre a vuoto per tutta la partita».
Proprio la gara dell'Azteca innescò un altro tormentone: con Rivera in campo nella finale dal primo minuto l'Italia avrebbe battuto il Brasile di Pelé.
«Il dubbio in effetti è rimasto e credo che il tempo non abbia contribuito ad attenuarlo. Sicuramente ero tra quelli che come condizione fisica stava meglio. Però il calcio è fatto così, l'allenatore fece le sue scelte. Giuste o sbagliate che fossero. A volte la ragion politica prevale su quella sportiva».
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