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di Massimo Zamorani

Tra i garibaldini che la mattina del 3 novembre 1867 si avventavano a testa bassa contro i soldati del Papa schierati a Mentana c'era un ligure di vent'anni destinato a sopravvivere alla battaglia e a compiere cose importanti, tra queste occupare un seggio da assessore nel Consiglio comunale di Genova. Sono trascorsi settant'anni da quando Augusto Mombello ha lasciato questa terra, ma i suoi colleghi Consiglieri Comunali di oggi, impegnati come sono nell'indulgere sull'edificazione di palazzi nel greto dei torrenti e sulle alture franose, non hanno avuto il tempo e l'occasione per ricordarlo. Anche se quest'anno era il centocinquantesimo di quell'unità d'Italia di cui quel giovane, sopravvissuto alla ferita subita a Mentana per un quasi miracolo, era stato certamente tra gli artefici.
Nell'atmosfera nostra attuale di arida indifferenza non è facile ricostruire l'atmosfera dell'alba dell'unificazione nazionale, quando i ragazzi, come era Augusto Mombello, smaniavano per buttarsi nel combattimento. Era bambino quando a San Martino e Solferino infuriava la Seconda guerra per l'indipendenza, e quando i Mille partivano da Quarto. Era ragazzo quando la sfortunata campagna del '66 sembrava bloccasse l'itinerario del Risorgimento. Finalmente a vent'anni, quando la tromba garibaldina ha suonato l'adunata per la conquista di Roma, Augusto ha potuto rispondere. Ha vissuto l'incontro con Garibaldi, lo ha sentito parlare in viva voce, ha conosciuto personalmente i grandi dell'epopea in camicia Rossa: Agostino Bertani, Francesco Nullo, Antonio Mosto, Jessie White Mario. Sono emozioni che scaturiscono dal racconto del ragazzo di un secolo e mezzo or sono, conservando intatti lo smalto, la freschezza di allora. Il vissuto autentico, genuino, non invecchia. La diaristica è stata giustamente valorizzata in tempi recenti, da quando John Keegan, lo storico britannico vivente che ha «scoperto» quanto e come la ricostruzione di un'atmosfera sia componente storiografica alla pari delle date, della topografia, della successione cronologica degli eventi, dei documenti cartacei, dell'interpretazione della dinamica tattica e strategica.
Mentana è stata l'ultimo evento dell'epopea garibaldina ed è stata impresa sfortunata e amara, conclusa con la sconfitta costata 150 morti e 240 feriti, con Garibaldi catturato dal Regio Esercito italiano e imprigionato. Augusto Mombello, ferito da un proiettile che non gli ha trapassato il cranio per lo scarto di un centimetro limitandosi a perforagli un orecchio,si è però consentito il lusso di smentire il generale Louis Charles de Failly, comandante il contingente francese, che vantava la superiorità tecnologica dei suoi nuovissimi fucili a retrocarica chassepots, beneficiari di una cadenza di tiro di 12 colpi al minuto e di una portata più che doppia rispetto ai fuciloni ad avancarica e addirittura dei moschetti a pietra focaia in dotazione ai garibaldini. Le armi dei francesi - scrive Mombello - non ci hanno fatto neppure un morto, perché il terreno accidentato annullava la superiorità della portata e anche la cadenza di tiro, mentre i nostri vecchi fucili con la baionetta innestata erano molto più lunghi e quindi nell'assalto ci davano vantaggio. Perché i garibaldini alla baionetta ci andavano e ci sono andati anche nella sfortunata Mentana.
Garibaldino a vent'anni, vuol dire essere garibaldino per la vita intera e così è stato per Augusto, che all'avanguardia è rimasto sempre, con il suo socialismo patriottico e concreto anticipatore del socialismo di partito e di fazione, che è subentrato «dopo».
È stato il primo sindaco socialista di Sanremo a cavallo tra i due secoli Ottocento e Novecento, proseguendo la tradizione di famiglia: il padre, infatti, è stato a lungo sindaco di Varazze. Sindaco d'assalto, ha organizzato la prima mensa scolastica; fatto clamoroso: è stato il primo a equiparare lo stipendio del maestro di sesso maschile con quello della maestra di sesso femminile da sempre differenziati. È stato infine il promotore dell'attività destinata a diventare la grande inimitabile risorsa di Sanremo: il casinò. Poi la famiglia si è trasferita a Genova nel 1906 e Augusto ha iniziato la collaborazione con «Il Lavoro». Proseguendo l'attività politica, è stato eletto in Consiglio comunale, è diventato assessore ma ha piantato in asso il seggio per recarsi in Libia in veste di corrispondente di guerra quando è iniziato il conflitto italo-turco nel 1911. Ha avuto sette figli, ma solo quattro sono pervenuti all'età adulta. La prima, Augusta, è nata del 1885. Dei gemelli: Federica e Cesare, il maschio, classe 1905, è partito volontario per la Grande guerra ed è caduto l'11 novembre 1915, dodici giorni prima di compiere vent'anni, Medaglia d'argento alla memoria. Il quarto: Ernesto, giornalista, è stato per molti e lunghi anni lo storico segretario di redazione del Secolo XIX e i vecchi del giornale lo ricordano ancora.


La nipote Paola Comolli Viazzi, figlia di Federica e di Renzo Comolli, ufficiale degli alpini combattente della Seconda guerra mondiale in Africa, all'Amba Alagi, ha curato la riedizione del «Mentana» del nonno garibaldino. È un contributo significativo alle rimembranze del 150° dell'unità nazionale, non in quanto cimelio, ma quale testimonianza viva dell'atmosfera di un momento di entusiasmo giovane e di generosità fresca e impetuosa.

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