Mediaset, la Borsa scommette sull’avventura tedesca

Possibile interesse per il 50,5% della rete ProSiebenSat1 e i titoli chiudono in rialzo del 3,5%. Martedì il cda. Il nodo del prezzo

Marcello Zacché

da Milano

Balzo del titolo Mediaset che ieri, in Borsa, ha chiuso in rialzo del 3,5% a 9 euro. Il mercato è stato attratto dalle indiscrezioni del Messagero, poi confermate, su un «interesse» per il gruppo tedesco ProSiebenSat1, rete tivù con quattro canali. Qualche giorno fa l’edizione tedesca del Financial Times ha scritto che il produttore americano e primo socio del gruppo tedesco, Haim Saban, ha aperto una nuova asta (non è la prima volta) per mettere in vendita il 50,5% di ProSiebenSat1. La data per la presentazione delle manifestazioni d’interesse non vincolanti è fissata per martedì. E il caso ha voluto che nello stesso giorno sia da tempo in programma un cda di Mediaset.
Per questo, in quella occasione, il gruppo guidato dall’ad Giuliano Adreani sonderà il terreno per vedere se mandare o no, con Citigroup come advisor, un telegramma nel quartier generale di Unterföhring, appena fuori Monaco di Baviera. Per Mediaset sarebbe comunque una buona opportunità: quella di accedere alla cosiddetta «data room» (la visione di documenti sulla società, necessari per dare una valutazione) ed avere informazioni importanti sul mercato televisivo europeo. A meno che sul gruppo milanese non ci sia la levata di scudi del sistema-Paese Germania: già nel 2002 Mediaset «osò» pensare al gruppo ProSieben, che era sul mercato in seguito al fallimento del suo ex padrone ed ex magnate, Leo Kirch. Scatenando un’offensiva mediatica contro il gruppo italiano, reo di essere controllato dall’allora presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Una situazione che urtava l’orgoglio tedesco. Non urtato, invece, dai soldi americani del sindacato messo in piedi da Saban insieme con una dozzina di fondi di private equity.


In ogni caso, anche ammesso che l’interesse di Mediaset sia confermato, il problema di ProSiebenSat1 sarà il prezzo: il gruppo vale 5 miliardi, mentre 4 anni fa, ai tempi del fallimento Kirch, passò di mano per meno di un miliardo.

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