Roma - Neanche si chiamano più come nonno Gianni, eppure tengono ancora saldamente la scena. Sono gli Agnelli, che adesso fanno Elkann (come Alain, padre di John, Lapo e Ginevra, nati da Margherita, figlia dell’Avvocato), continuando a pesare sulla bilancia del nostro Paese, non più come moderni Savoia all’arrembaggio di privilegi e visibilità, ma alla pari di quelle persone importanti - per censo e per denaro - con le mani nella cassaforte che conta. E se quest’anno il piccolo schermo è stato invaso da Emanuele Filiberto e dalla principessa Sissi, icone d’un rango aristocratico, che il pubblico senior gradisce (magari perché i nonni, di sera, non escono?), l’anno prossimo sarà agnellicrazia. A contendersi il terreno dell’audience, a colpi d’una saga familiare tutta luci ed ombre, i duellanti Rai e Mediaset si daranno battaglia. Un dominio in tivù pretende L’ultimo re, fiction di Canale Cinque in due puntate, in fase di scrittura e documentazione, affidata alla regia del poliedrico Roberto Faenza, torinese come gli Agnelli, ebreo come gli Elkann. Un regista doc, quindi, che assicura al produttore Pietro Valsecchi della Taodue quella fedeltà di tono, nel racconto di vicende anche oscure, necessaria all’approvazione del soggetto. La supervisione della sceneggiatura di Salvatore Marcarelli, infatti, spetta a Ginevra Elkann, che collabora alla stesura: anche i ricchi lavorano. A giugno la giovane signora, maritata Gaetani dell’Aquila d’Aragona e vicepresidente della Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli di Torino (papà Alain presiede il Museo Egizio torinese), apporrà il sigillo di garanzia a quanto messo nero su bianco. «Raccontare un uomo come Gianni Agnelli, la sua personalità, i momenti che ha vissuto, richiede tempo e attenzione. Non c’è quasi nessuno dei grandi eventi italiani del dopoguerra, che non lo abbia visto impegnato più o meno direttamente. Abbiamo completato le ricerche storiche intorno al personaggio, ma la gestazione è molto difficile e molto lunga. Di sicuro c’è che il film si farà solo con l’accordo della famiglia. Il grande carisma dell’Avvocato è difficile da rendere e l’errore è sempre in agguato. Nella famiglia Agnelli ci sono persone che operano nel cinema e nella comunicazione e hanno non solo la conoscenza diretta della materia, ma anche la competenza tecnica per una valutazione attenta», dichiara Valsecchi, in consuetudine con la dinastia piemontese.
Strano, ma quando si parla degli Agnelli diventano tutti circospetti, quasi temano l’ipotesi di lesa maestà. «C’è stato un periodo, in cui sembrava d’essere in presenza di Dio!», nota la produttrice Elda Ferri, che da moglie di Faenza, ora alle prese con i finanziatori Usa del film del marito Un giorno questo dolore ti sarà utile, può dire la sua. Di sicuro non sarà un santino, L’ultimo re, con la faccia di Fabrizio Bentivoglio. E siccome l’algida Tilda Swinton, con la sua magrezza, promana snob e chic, farà donna Marella, moglie di Gianni Agnelli.
Girata a Torino, tra Lingotto e colline, e «in tutti i posti del mondo in cui ha vissuto l’Avvocato» (così Valsecchi), la fiction potrebbe coinvolgere la modella e conduttrice tv Beatrice Borromeo, che da cognata di John Elkann (marito della di lei sorella Lavinia) fornirebbe patente di verosimiglianza al vasto materiale.
Neanche Mamma Rai sottovaluta le trappole, insite nel raccontare eccessi e stranezze, da Mirafiori a oggi. «Si tratta d’un lavoro difficile, che racchiude cinquant’anni di vita del Paese.
La storia dell’industria italiana e dell’immigrazione a Torino, che s’intreccia con le fortune e le tragedie della famiglia Agnelli», dice Fabrizio Del Noce, soppesando «problemi di casting e di aspettative familiari, non sempre compatibili con le esigenze d’una storia romanzata», presi in considerazione ai tempi di Stefano Munafò, primo ideatore del tv movie. Sarà per questo che il docufilm di Gianfranco Pannone Giovanni Agnelli (soggetto e sceneggiatura di Marcello Sorgi, ex direttore de La Stampa), è fermo ai box Rai. Dove le famiglie contano.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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