Medicine, lo scandalo del «prendi i soldi e scappa»

La rivoluzione è partita in sordina. Ma i botti devono ancora arrivare.
Guido Rasi, il nuovo direttore dell’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco in cui si contano ben 300mila pratiche pendenti, ha deciso di fare piazza pulita con le pubblicazioni editoriali milionarie senza lettori, le regalie, i ritardi, le inefficienze, la mancanza di trasparenza nella distribuzione di soldi pubblici agli istituti di ricerca. Insomma, il vento è cambiato all’Aifa.
Se ne sono accorti anche i 250 dipendenti dell’istituto che per la prima volta, nella storia dell’agenzia di controllo dei farmaci, hanno dovuto restituire i lussuosi regali di Natale. A malincuore. Già, perché, i cesti, per esempio, non sono quelli che si vedono nei super, panettone, spumantino, torrone e tanti auguri. Macché, le confezioni donate ai chi manovra il destino dei farmaci erano di quelli da leccare i baffi, «bagnati» da fiumi di champagne.
E poi argenti, gioielli, mica noccioline. Eppure, l’ex direttore Martini, ora inquisito per disastro colposo, aveva diramato una circolare che impediva ai dipendenti di accettare regali da «soggetti che abbiano tratto o che possano trarre benefici da decisioni o da attività inerenti all’ufficio». Parole al vento. Come conferma anche il professor Rasi che ricorda quando, nel passato, qualcuno avesse ricevuto anche imbarazzanti viaggi-premio.
A cosa erano finalizzati i regali? Per velocizzare o rallentare una pratica, per esempio. Aspettare tre mesi o tre anni per il via libera di un nuovo medicinale fa la differenza per una casa farmaceutica. Ora le cose dovrebbero cambiare. «A Natale i dipendenti hanno riempito un’intera stanza di regali, qualcuno si è presentato anche con dei gioielli. Abbiamo restituito tutto ma quello che è stato spedito a casa sfugge a ogni controllo».
Ma per Rasi i nodi da affrontare sono tanti. Primo tra tutti, i fondi per la ricerca indipendente. In cinque anni l’Aifa ha distribuito 78 milioni di euro a circa 60 istituzioni italiane per finanziare 151 studi comparativi tra i medicinali in commercio. Che significa? «È una ricerca indipendente, non promossa dalle case farmaceutiche, - spiega Rasi - ed è orientata a selezionare il farmaco migliore per le categorie deboli, donne, bambini , anziani». In pratica, questi studi dovrebbero dire all’Aifa quale prodotto in commercio sia meno dannoso.
Ma il condizionale è d’obbligo. «Dal 2005 a oggi non è uscito da questi studi neppure un resoconto, nessun risultato» sbotta Rasi. Una denuncia che fa sgranare gli occhi. Ma il direttore non molla. «Non si può aspettare quattro anni per sapere se un farmaco è meglio dell’altro, questo lavoro richiede mediamente sei mesi di lavoro».
C’è da chiedersi come sia possibile distribuire a pioggia questi soldi senza ottenere un riscontro finale ma anche parziale dei lavori assegnati. «Si dovrebbero controllare gli istituti per proteggere l’investimento concesso. Ma nessuno se n’è mai occupato». Nebbia fitta dunque sui lavori svolti. E poi, svolti da chi? Ed ecco l’altra gatta da pelare. Tra l’elenco delle istituzioni selezionate, spiccano quelle che fanno capo a professor Silvio Garattini, che, guarda caso, è anche il presidente della Commissione per la ricerca e lo sviluppo, quella che decide quali sono i progetti promossi dall’Aifa. Una coincidenza che non piace a Rasi. «Circa il 20% dei finanziamenti, cioè 18 milioni di euro, sono andati alle istituzioni collegate al presidente Garattini».
Una destinazione che Rasi non ritiene accettabile. «Un conto è che questi soldi vadano alle università un altro è che siano devoluti sempre ai soliti destinatari».
Altro annoso capitolo, le pubblicazioni specializzate costate all’istituto sedici milioni di euro. Sono opuscoletti spediti ai medici italiani che solo otto su cento ritengono “una fonte di informazione per l’aggiornamento farmacologico”. Una misera consolazione se si pensa che per sei bimestrali confezionati dall’Aifa all’anno, viene pagata una redazione di sei persone, un comitato scientifico di tredici esperti e uno stuolo di collaboratori. «È un investimento perso - commenta Rasi sconfortato - è brutto che i medici non ritengano lo strumento affidabile. Ma per mandato istituzionale devo fare informazione. E cercherò di alzare la qualità del servizio». Altri buoni propositi? «Cambierò dirigenti, dovrò dotarmi di professionalità più specifiche adatte a raggiungere gli obiettivi». Come ridurre i ritardi per la commercializzazione dei farmaci. I tempi europei sono di 210 giorni per l’evasione di una pratica.

In Italia, ne servono come minimo 387, ma anche 481 oppure 597 giorni se la procedura è decentrata. «Da noi mancano pure le banche dati, non c’è collegamento interno tra gli uffici. E se per la professionalità voto otto, - ammette Rasi - per l'efficienza non posso che dare uno».

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