Politica

Il medico martire, boomerang per la sinistra

La questione morale, teorizzata da Berlinguer, riportata «al centro del dibattito» dal duo Veltroni-Franceschini e recentemente agitata da un furibondo Ignazio Marino in corsa per la segreteria dei Pd, non ha mai avuto molta fortuna fra i sinceri democratici. Perché è una bomba a orologeria che può scoppiarti in mano, come è scoppiata, appunto, fra le mani di Marino che solo una settimana fa definì «enorme» la questione morale all’interno di un partito, quello democratico, che eleggeva a dirigente di circolo un presunto stupratore seriale come Luca Bianchini. Ora è lo stesso Marino a vedersela con questa benedetta questione morale, non si sa se nel suo caso «enorme» o «minuscola», per via di una certa disinvoltura con la quale compilava le note spese. Vezzo che gli costò l’allontanamento «in tronco» dal suo incarico all’università di Pittsburgh e quindi dal Centro trapianti Ismet di Palermo. Marino naturalmente si difende dall’accusa, afferma di avere la mani pulite, la coscienza a posto e che la lettera di licenziamento per «irregolarità amministrative» è solo «una normale corrispondenza standard tra datore e lavoratore». Però resta in piedi, saldissimo, il provvedimento di allontanamento «in tronco», proprio quello che all’epoca dei fatti - gennaio 2003 - indignò le coscienze critiche del Paese. Le quali, occhio di falco, subito videro nella rinuncia, chiamiamola così, di Marino a seguitare a condurre il centro trapianti palermitano l’esito di un’altra gaglioffata del «berlusconismo» (il Cavaliere era a quei tempi a palazzo Chigi), mala pianta che alimentava la fuga dei cervelli tagliando l’erba sotto i piedi dei medesimi, di Marino in particolare. Se ne disse dispiaciuto il capo dello Stato Azeglio Ciampi augurandosi che «si creassero le condizioni per un ripensamento del professore». Se ne disse addolorato Romano Prodi, per il quale la rinuncia di Marino rappresentava «un suicidio per le giovani generazioni e anche un’ingiustizia nei confronti dei giovani che sempre più vanno all’estero». «O noi ricominciamo - tuonò Prodi - non solo a mantenere i nostri giovani, ma ad attrarre i migliori cervelli del mondo o abbiamo perduto». Non poteva mancare il lamento di Enzo Biagi, specialista in geremiadi moraliste: «Se ne torna negli Stati Uniti un grande medico che è anche una grande persona, Ignazio Marino, un esperto di trapianti. Di origini siciliane, era tornato a lavorare nella sua Palermo. Ha ricevuto solo delusioni. Gli avevano reso la vita troppo complicata: questa è la patria del diritto e del rovescio». Gli (cioè Berlusconi) avevano reso la vita difficile, eh? Gli impedivano di lavorare serenamente, gli mettevano i bastoni tra le ruote. Nessuno dei tartufi in servizio permanente effettivo si prese la briga - non foss’altro che per la completezza dell’informazione, un must del giornalismo democratico - di fare una telefonata alla presidenza dell’università di Pittsburgh per sapere come erano andate effettivamente le cose. Marino fu subito elevato a martire del regime del «diritto e del rovescio». Ed è sull’onda del martirio alimentata dalla questione morale - occasionalmente «enorme» - che da «tecnico prestato alla politica» s’è ritrovato terzo incomodo fra Bersani e Franceschini nella riffa per la segreteria del Pd. Apprendisti stregoni, col loro querulo perbenismo antiberlusconiano i Biagi e i Prodi cucinarono ben bene una patata che ora, bollente, i sinceri democratici si ritrovano per le mani. E il cercare di non ustionarsi palleggiandola fra una manifestazione di stima e di solidarietà e l’altra non solo non fa che rendere più acuto il loro tormento, ma li espone al ridicolo.

Com’è destino di tutti quelli che andarono per suonare e furono suonati.

Commenti