Fondazione Cariverona stringe la presa su Mediobanca. Con una mossa a sorpresa lente guidato da Paolo Biasi è balzato al 3,136% della banca daffari milanese presieduta da Cesare Geronzi. Verona possedeva già una piccola quota di Mediobanca ma con questa operazione, avvenuta il 19 dicembre e intercettata dai radar della Consob alla vigilia di Natale, ha portato a 185 milioni il proprio impegno complessivo nel capitale di Mediobanca, «superando» quello delle altre fondazioni che hanno scommesso su Piazzetta Cuccia pur restando al momento ai margini del suo patto di sindacato: dalla Fondazione Monte Paschi (1,92%) a Carisbo (2,7%) fino alle «cugine» di Padova e Rovigo (0,48%) e a quella di Torino (0,39%).
Abbastanza per dare alla mossa di Biasi un sapore «politico», malgrado da Verona assicurino che lobiettivo fosse «diversificare» il portafoglio (80 milioni lavanzo di esercizio atteso), forse anche per ovviare il fatto che questanno il dividendo di Unicredit, la sua principale partecipata, sarà in azioni e non in contanti. A fine settembre lente scaligero aveva, infatti, arrotondato la partecipazione anche nella superbanca di Alessandro Profumo confermandosi il primo azionista dellistituto (5,8%) allalba del maxi-aumento di capitale. Senza contare che Unicredit è il primo socio di Mediobanca (8,6%) che a sua volta controlla il 14% delle Generali, di cui Cariverona non è più azionista ma che è stata per lungo tempo al centro dei pensieri di Biasi.
Verona potrebbe a questo punto proporsi come una sorta di «primus inter pares» alle altre Fondazioni azioniste di Mediobanca, che considerate nel loro complesso possono contare su un pacchetto vicino all8,63% di Mediobanca, più o meno come Unicredit. Una quota importante anche in vista del rinnovo del patto di sindacato che Piazzetta Cuccia ha messo in agenda per il prossimo anno: laccordo, che blinda il 45% del capitale, è attualmente basato sullequilibrio tra i soci bancari (il cosiddetto «gruppo A»), quelli industriali (il «gruppo B») e la compagine francese guidata dal finanziere Vincent Bollorè (il «gruppo C»). Con possibili ripercussioni anche sugli equilibri di Generali, il gruppo assicurativo triestino presieduto da Antoine Bernheim che resta il più delicato snodo della finanza italiana.
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