Mediobanca: la Grecia pesa, ma l’utile è salvo

Il lavoro di Alberto Nagel per risolvere l’antico dilemma sulla natura di Mediobanca (holding di partecipazioni o investment bank) nell’esercizio 2010-2011 ha cominciato a portare i primi frutti. I conti al 30 giugno scorso hanno evidenziato un utile consolidato di 368,6 milioni, in calo dell’8% sui 400,8 dell’anno precedente, ma migliore delle stime degli analisti (360 milioni). E con un dividendo unitario di 0,17 euro, invariato nonostante siano state effettuate svalutazioni per 238 milioni.
A Piazzetta Cuccia si è approfittato del trimestre marzo-giugno per fare un po’ di «pulizia». I 400 milioni titoli di Stato greci - dei quali il 95% in scadenza entro il 2020 - sono stati svalutati per 109 milioni. Un’azione non da poco che ha inciso per oltre il 27% sul valore di bilancio dei govies ellenici e che ha impattato su un portafoglio obbligazionario complessivo di 13 miliardi. Dei quali 3,4 miliardi sono Btp anche se le tensioni sugli spread non preoccupano Nagel. Altri 120 milioni di writedown sono riferiti alle azioni Telecom detenute da Telco, mentre Delmi ha pesato per 16 milioni.
I mercati non affrontano un periodo facile e il top management di Mediobanca ha cercato di prepararsi a una loro evoluzione negativa consolidando le aree operative più dinamiche. A partire dal settore retail. I ricavi del gruppo Mediobanca sono infatti saliti del 7% superando quota 2 miliardi grazie all’andamento molto positivo del margine di interesse (+16,7% a 1,07 miliardi), trainato da Compass (+11%) e da CheBanca! (+200%). Quest’ultima ha anche toccato quota 10 miliardi di depositi. Uno scenario nel quale si inserisce la buona tenuta del settore Cib (corporate & investment banking) che ha confermato un utile netto di 242 milioni. Una performance che potrà ancora migliorare considerata l’intenzione di Nagel di continuare a puntare sull’estero (Francia e Germania in primis), aprendo anche nuove boutique in Cina, Russia e Turchia. Il principio guida di Nagel, infatti, è rappresentare un porto sicuro per gli azionisti attuali e per quelli che verranno. In periodi di tempesta è inusuale vedere il margine di interesse di una banca crescere in doppia cifra così come il rapporto sofferenze/impieghi scendere sotto il 2% e il Core Tier 1 attestarsi stabilmente sopra l’11 per cento. «Non vogliamo che ci percepiscano come una holding ma come una banca», è il mantra che l’ad ripete all’investor community. Che ieri ha però riservato un’accoglienza fredda ai risultati: Mediobanca ha perso il 3,25% a 5,51 euro. In serata un’altra doccia fredda: il taglio del rating da parte di S&P da A+ ad A con outlook negativo. Ma questa è un’altra storia, legata al rischio-Paese.
Non c’è solo il futuro per Piazzetta Cuccia, ma anche la sua eredità storica che si chiama patto di sindacato. Che ieri si è riunito dopo il cda, ha stilato la lista per il nuovo board e ha disposto e ha regolato i nuovi assetti azionari. Nessuna grande sorpresa nel nuovo consiglio per il quale sono stati fissati nuove regole di governance (più peso agli indipendenti, limite di età e quote rosa). Il presidente di Groupama Pierre Lefévre prenderà il posto di Jean Azèma, mentre ad Antoine Bernheim subentrerà l’ex numero uno di Sncf Anne-Marie Idrac. Così com’è confermata la new entry Elisabetta Magistretti. Angelo Casò resterà alla guida del patto.
Sal Oppenheim, Commerzbank e Santander hanno disdetto l’accordo in scadenza il 30 settembre. Ma per un 5,2% che se ne va è in arrivo un altro 5% di azioni sindacate: il gruppo Gavio ha la facoltà di acquistare e apportare l’1% e un altro 0,5% arriverà da Agelini, Minozzi e dalla H Invest di Ennio Doris.

Groupama porterà l’1,83% che deteneva fuori dal patto e infine è stata ufficializzata l’opzione call con scadenza 20 dicembre 2012 di Diego Della Valle (il grande escluso dal cda) su un 1,42% di Piazzetta Cuccia che porterebbe la quota di Mr Tod’s all’1,9% per cento.

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