Mediobanca, si apre il confronto tra i soci

Mediobanca, si apre il confronto tra i soci

Mediobanca resta in utile: il secondo trimestre, quello chiuso al 31 dicembre, avrà il segno più. Per il consenso degli analisti l’utile netto, risicato, sarà di 7 milioni. In realtà i dati (dei primi sei mesi dell’esercizio 2011-12) che verranno approvati dall’esecutivo, dal cda e dal patto di sindacato dei soci mercoledì prossimo, potrebbero essere anche migliori delle previsioni: in Piazzetta Cuccia c’è soddisfazione per la chiusura positiva di un semestre assai difficile (è quello andato da luglio a dicembre). L’utile netto, che dovrebbe essere intorno ai 65 milioni, è difficilmente confrontabile con quello dell’anno scorso (269 milioni). Ma nel secondo trimestre c’è il ritorno in nero della divisione Cib (Corporate investment banking), che aveva chiuso il primo con 26 milioni di perdite), anche grazie alle commissioni di grandi operazioni quali l’aumento Bpm, che compensano la scarsa attività delle imprese. Ricavi trimestrali attesi sui 450 milioni e il risultato operativo da 240 sono la sintesi di un buon andamento generale della banca. Le maggiori soddisfazioni arrivano dall’estero e dal credito al consumo, confermando la bontà della diversificazione. Mentre il focus resta anche puntato sulla riduzione dei costi.
Fin qui quello che l’ad Alberto Nagel dirà a consiglieri e soci. Mentre nel patto, anche se l’ordine del giorno non lo prevede, si parlerà anche di qualcosa d’altro. Perché questo appare sempre più come un momento di svolta negli equilibri del grande capitale nazionale: troppi sono i fronti in movimento nei quali Mediobanca si trova esposta per non pensare che, di qui ai prossimi mesi, non avvenga qualche cambiamento di equilibrio. In primis c’è il riassetto Fonsai (all’interno del quale balla il 3,8% della stessa Mediobanca), con l’attacco portato da Arpe e Meneguzzo ai piani di Nagel; poi c’è la partita Impregilo, che il presidente Renato Pagliaro gioca vicino alla famiglia Gavio, ma con il gruppo Salini interessato a scalare il gruppo; mentre due storiche partecipazioni quali Rcs e Generali appaiono come vulcani dormienti: entrambe potrebbero aver bisogno di nuovo capitale. La prima per far fronte alle perdite in Spagna, dove i 300 milioni di svalutazioni appena fatte sono ritenuti insufficienti; la seconda in vista dell’esercizio della put da 2,5 miliardi su Ppf.
Tutte partite che mettono a dura prova la tenuta del sistema e nelle quali i vari protagonisti giocano anche partite personali. Nei veleni di Fonsai, va misurata la temperatura dei rapporti tra Nagel e il vicepresidente di Unicredit Fabrizio Palenzona con l’ad delle Generali Giovanni Perissinotto; poi va registrata la forza residua del gruppo dei francesi, un tempo assai influenti ma ora indeboliti dall’uscita di scena di Cesare Geronzi; e vanno anche preparate le carte per l’occupazione dello spazio lasciato libero dai Ligresti. Il tutto in presenza di un quadro politico del tutto nuovo: sono spariti i vecchi referenti relativi ala ventennale geometria Berlusconi-Prodi-D’Alema, sostituiti da un governo tecnico Monti-Passera-Catricalà che, nella finanza, ha esordito introducendo le incompatibilità per i cda di banche concorrenti e partecipate.


In questo contesto, tra l’altro, va rinnovato entro 6 settimane il cda di Unicredit, primo socio di Mediobanca. Ieri il presidente Dieter Rampl ha ribadito di essere disponibile al rinnovo a condizione di avere il consenso di tutti i soci, italiani ed esteri. Ma alla presidenza ci punta anche Palenzona.
Twitter: @emmezak

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