Il Medioevo in Arabia Saudita: uccidono le «streghe»

Il Medioevo in Arabia Saudita: uccidono le «streghe»

Decapitata per «stregoneria». Succede anche questo nell’Arabia Saudita del 2011. Il capo della polizia religiosa (anche questo un segnale del permanere di un clima medievale in pieno ventunesimo secolo) Abdullah al-Mohsen ha confermato che «una donna di circa sessant’anni» è stata giustiziata nella provincia settentrionale di Al Jawf perché «aveva ingannato diverse persone dicendo loro che poteva curare malattie e facendosi pagare l'equivalente di 800 dollari a sessione»: è appena il caso di osservare che se la legge coranica fosse applicata in Italia, sarebbe una strage.
La pratica della stregoneria e della magia è categoricamente vietata in Arabia Saudita, Paese islamico dove vige il wahabismo, una corrente particolarmente severa e conservatrice della religione musulmana. L’esecuzione di Amina Bent Abdulhalim Nassar è solo l’ultima di una lunga serie, che nel corso degli ultimi anni ha visto condotti al patibolo anche uomini. Con la sua messa a morte sale a 73 il numero delle esecuzioni portate a termine in Arabia Saudita dall’inizio dell’anno: almeno tre delle vittime erano donne e si sa che una di loro era stata condannata per aver ucciso il marito e aver poi dato fuoco alla sua casa.
Numeri in crescita rispetto al recente passato: Amnesty International ha calcolato che nel 2010 siano state giustiziate 27 persone, e altre 67 nel 2009.
Attualmente sarebbero circa 140 le persone in attesa di essere messe a morte in Arabia Saudita, uno dei Paesi del mondo - insieme con la Cina, l’Iran e gli Stati Uniti - dove il boia è più attivo. Sono del resto numerosi i reati per cui la legge di quel Paese arabo prevede la pena capitale: si va dallo stupro alla sodomia, dal traffico di stupefacenti alla rapina a mano armata all’omicidio, senza dimenticare l’apostasia (ovvero l’abbandono dell’islam per un’altra religione). L’Arabia Saudita, pur complessivamente impegnata in un cauto processo riformatore, non pare minimamente avviata sulla strada dell’addio al patibolo: è anzi uno dei pochi Stati un anno fa ha votato contro la risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite che chiedeva una moratoria mondiale per le esecuzioni.
Di preferenza il boia in Arabia utilizza la scenografica scimitarra, con la quale la testa del condannato viene fatta saltare con un solo colpo (quando va bene) davanti a un pubblico attento e numeroso. Alle donne è spesso riservato un trattamento particolare: invece della decapitazione, può accadere che venga usata la fucilazione, allo scopo di evitare che vengano mostrati al pubblico il collo e parte della schiena della condannata.

Se però la vittima si è resa colpevole di adulterio, non di rado l’esecuzione avviene per mezzo della primitiva lapidazione (ovvero a pietrate in testa con la vittima semisepolta nella terra), e in caso di reati contro la religione non di rado si ricorre alla crocefissione: siamo dunque in pieno Medio Evo.
Da sottolineare che la legge saudita prevede che i cadaveri dei giustiziati siano gettati in fosse comuni e non consente il rimpatrio dei corpi degli stranieri messi a morte.

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