Ce li immaginiamo scendere dalle finestre delle loro camere usando coperte legate tra loro e percorrere lunica via di salvezza per scappare dalla custodia forzata a cui i club li sottopongono.
Senza arrivare alla «schiavitù» di Blatter, il problema esiste. E non si tratta nè di caloriferi troppo caldi nè di feste da raggiungere: oggi i calciatori scappano per giocare, in piena estate. Scettici?
Se nella stessa giornata due brasiliani abbandonano le proprie squadre con in testa Parigi, sede del ritiro della nazionale olimpica, qualcosa non va nel rapporto tra calcio e Giochi. Prima Diego (Werder Brema), poi Rafinha (Schalke 04): ora i rispettivi club chiedono la loro squalifica. E per far valere le proprie ragioni sono disposti ad arrivare fino al Tas. I due non sembrano troppo preoccupati. Dopotutto se vinceranno sarà un trionfo, diversamente avranno comunque una storia da raccontare ai figli: «Vi racconto la mia fuga per Pechino...».
Robinho e Kakà avevano lo stesso desiderio. Ma Real Madrid (criticato ieri dalla Federcalcio brasiliana) e Milan non sono il Werder. E la professionalità dei due è una discriminante fondamentale, così a malincuore hanno rinunciato. Il primo si è messo a piangere, mentre il secondo ne ha tristemente approfittato per fare un piccolo intervento di pulizia al ginocchio.
Certo, se Dunga riuscirà a conquistare loro (unica grande vittoria che manca ai verdeoro, in pratica vale un Mondiale), immaginiamo la faccia di Kakà mentre guarda alla tv Ronaldinho (presente per accordi precedenti col Barcellona) e Pato (in piena età convocabile) osannati dalla torcida...
Mal comune, mezzo gaudio: pure gli odiati rivali dellArgentina hanno i loro problemi. Messi, stessa situazione di Pato, sono due mesi che fa locchiolino a Pechino. Solo che il Barcellona da qualche giorno pressa la «pulce», che sta pensando di declinare la convocazione.
In Italia, come sempre sui problemi, siamo un passo avanti. Non solo ci sono state polemiche tra giocatori e club (Bonera e Milan, Rocchi e Lazio, che poi si è dovuta arrendere), ma anche tra allenatore e presidente della Federazione.
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