Ammetto che qualche volta essere in minoranza offre dei vantaggi. Nella scuola dove insegnavo, i «maschietti» erano tre e le «femminucce» quaranta. Tra queste, un buon venti per cento ci faceva la corte, e queste sono cose che fanno piacere. Ma a parte l'aspetto sentimentale, il divario maschi-femmine, nella scuola, sta diventando preoccupante, per non dire drammatico. Gli insegnanti maschi scarseggiano soprattutto nella scuola primaria (4,3%) e sono pressoché spariti nella scuola dell'infanzia (0,50%). Alcuni anni fa la Lega propose alcuni correttivi legislativi da apportare al reclutamento degli insegnanti per assicurare «quote azzurre» nella scuola elementare. Non se ne fece niente, e anzi, per effetto dell'ingresso di nuovi professori dalle graduatorie permanenti (dove la percentuale di uomini è ancora più bassa) la presenza maschile calò ulteriormente.
A leggere i dati dell'Economist, il mondo (il mondo del lavoro) sembrerebbe destinato a diventare un'immensa scuola italiana: donne in maggioranza e uomini in via di estinzione. Negli Stati Uniti le donne si avviano, tra i lavoratori, a superare gli uomini, e questo è quanto sta succedendo in tutte le parti del mondo, Italia e Giappone esclusi.
A differenza del direttore dell'Economist, il sottoscritto non si intende di finanza (sa calcolare solo le entrate e le uscite del proprio bilancio familiare, ma lì i conti son presto fatti: esce tutto quello che è entrato) ma non gli è difficile supporre che dietro l'avanzata delle Amazzoni ci siano interessi ben specifici, uno dei quali è che le donne sono pagate di meno (e forse sfruttate di più). Questo però non spiega tutto. Bisogna ammettere che le donne ci sanno fare sul posto di lavoro, e porto un'altra testimonianza: alla Mondadori (casa editrice per la quale pubblico) gli impiegati sono quasi tutte donne: fuori del lavoro sono dolci e carine, ma dietro la scrivania sono «tedeschi».
L'Italia viene considerata come un Paese che dà il cattivo esempio. Ma siamo sicuri che, al contrario, non si tratti di un modello positivo da imitare? Chiediamoci infatti che cosa succede (che cosa può succedere) nelle famiglie dove a «uscire» sono entrambi i genitori. Si parla tanto di crisi familiare, di perdita di valori dei figli, di mancanza di punti di riferimento affettivi. Ai miei tempi (anni Cinquanta) era «lui» che andava al lavoro; «lei» badava alle faccende domestiche e all'educazione dei figli. Che in generale crescevano bene. Ora (causa anche esigenze economiche che costringono la donna a trovare un impiego) la mamma affida i figli alle colf, alle tate, agli asili, ai robot. I figli crescono male, spesso si ribellano ai genitori, in non rari casi gli spaccano la testa.
Se le donne (quelle che possono permetterselo) rimanessero a casa, farebbero doppia opera meritoria: permetterebbero a più uomini di lavorare e salverebbero un'istituzione in declino, la famiglia. Ciò detto, spero che nessuna Giuditta, stanotte, mi spicchi la testa dal collo.
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