Cultura e Spettacoli

Melita Norwood, insospettabile nonnina del Kgb

Per un quarantennio passò all’Urss i segreti britannici. Comunista convinta, non fu mai scoperta: è morta a 93 anni

Lo spionaggio paga, eccome. E, oltretutto contribuisce ad allungare la vita. Mata Hari non docet, il suo fu un caso sfortunato. Melita Norwood, la “nonnina rossa” che per quarant’anni passò informazioni nucleari al Kgb al tempo della guerra fredda, è morta ieri serenamente nella sua tipica casetta in un sobborgo a sud di Londra.
Aveva 93 anni e fino a sei anni fa, quando esplose il dossier Mitrokhin, nessuno sospettava che la soave granny dai capelli candidi, vedova del suo amato marito dal 1986, nota ai vicini solo per il fervore con cui curava le aiuole di fresie e margherite nel giardino e per la bontà delle sue marmellate fatte in casa, fosse stata un importante agente sovietico, dcorato nel 1958 con l’Ordine della Bandiera Rossa. Naturalmente, quando la cosa divenne di dominio pubblico, ci fu scandalo, nel Regno Unito, e molto malumore quando il ministro degli Esteri britannico, Jack Straw, decise di non processarla data l’età avanzata.
Non che Melita - nome in codice “Hola” - fosse pentita del suo passato, tutt’altro. La gentile signora inglese ammise candidamente di essere stata una spia del Kgb, ma precisò che non lo aveva fatto per vil denaro, bensì per le sue ferree convinzioni di comunista. «Non mi sembrava carino - cinguettò ai giornalisti nel 1999 quando l’affaire fu rivelato - che l’Inghilterra e l’America stessero sviluppando armi di distruzione senza dare all’Unione Sovietica le stesse opportunità».
Nata nel 1912 a Bextleyhean, a sud di Londra, Melita aveva presto aderito alle idee del padre di origine lettone e, fieramente di estrema sinistra, nel 1937, a 25 anni, entrò in contatto con i servizi segreti sovietici, diventando uno dei loro più importanti agenti donne. Nel dopoguerra, impiegata modello dell’ufficio centrale dell’Associazione per la ricerca dei metalli non ferrosi con sede a Euston, si trovò ad avere fra le mani documenti importantissimi sulle ricerche segrete in campo nucleare, documenti che copiava e passava ai “colleghi” sovietici. Attentissima a non commettere errori, non fu mai scoperta. In famiglia, solo il marito Hilary, insegnante di matematica, era al corrente della sua doppia vita, ma tenne sempre la bocca cucita.

La loro unica figlia invece, quando scoprì chi era in realtà sua madre, cadde dalle nuvole: «Non è possibile che io sia cresciuta in una casa dove si nascondeva un simile segreto!».

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