Memorabile la «Sarabanda» di Luconi

Trent’anni dopo la chiusa precaria e irrisolta della saga coniugale descritta con impietosa efficacia in Scene da un matrimonio, Ingmar Bergman per il suo sconsolato addio al cinema d’immagine diresse nel 2003 per la televisione svedese Sarabanda. Un film di straziante pudore dove l’analisi millimetrica della condizione umana si dilata fino a comprendere la famiglia, nucleo dell’infelicità permanente del mondo. Ora la sceneggiatura originale di questo addio pudico e desolato, consegnato dal grande regista al classico nitore dei piani e delle inquadrature, si è mutato, per merito dell’ispirata regia di Massimo Luconi e dei suoi straordinari interpreti, in uno spettacolo teatrale da ricordare con gratitudine ed ammirazione negli anni difficili del nostro teatro. Sospeso tra un condizionamento commerciale sempre più bieco e lo scarso coraggio delle nostre istituzioni pubbliche a sostenere un repertorio di qualità. Nella scena lignea di Daniele Spisa e dello stesso regista i cui sfumati colori tra l’arancio spento e un cupo rosso fiamma ricordano le celebri tonalità di Munch, i quattro personaggi del plot vengono sottoposti a una crudele dissezione ai limiti della furia iconoclasta. Inaugurata dall’incontro tra i coniugi di un tempo che in una lotta senza esclusione di colpi si scambiano affondi da dramma elisabettiano, l’intellettuale Johan cui Massimo De Francovich presta una maschera severa e feroce degna di Creonte e l’ex-moglie Marianne di Giuliana Lojodice sospesa tra l’attrazione morbosa del passato e la cupa desolazione del presente recitano da maestri l’incipit della tragedia. Che nel suo delirante dipanarsi alle soglie del silenzio coinvolge in modo irreparabile il figlio di primo letto Henrik di Luca Lazzareschi che, col suo muoversi forsennato a ritroso del tempo in uno spazio sia immaginario che reale, ci consegna un impressionante ritratto della nevrosi contemporanea che sollecita l’applauso e si candida al premio per la perfetta mimesi tra eros e tanatos. Che lo collega in un nodo indissolubile, solo in apparenza sciolto dalla fuga, alla figlia Karin (Clio Cipolletta) torturata dall’incestuosa attrazione per il padre che condiziona la sua libertà espressiva. Grande esempio di quel teatro dell’anima troppo spesso assente dalla scena, solcato dal riverbero della musica di Bach.



SARABANDA - di Bergman Regia di Massimo Luconi, con Massimo De Francovich, Giuliana Lojodice, Luca Lazzareschi e Clio Cipolletta. Festa teatrale di San Miniato. A Modena dall’1 al 6 agosto, a Trieste dall’8 al 14 e poi in tournée.

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