Milano - Tropea editore ripubblica Ragazzi in guerra e nell’Olocausto (pagg. 314, euro 16,90): un libro curato da Laurel Holliday che raccoglie i diari segreti di bambini e adolescenti finiti nell’inferno della Seconda guerra mondiale e delle persecuzioni naziste. Umiliati e tormentati, dunque, ma capaci di annotare nascostamente le loro emozioni, le loro paure, le loro speranze. Memorie che sono, secondo Holliday, non meno ben scritte ed efficaci di quelle di Anna Frank. Forse. Ma non è questo l’importante. L’importante è la testimonianza di consapevole coraggio che ragazzi e ragazze - alcuni poco più che decenni, altri diciassettenni e diciottenni - trasmettono alla generazione d’oggi.
La fortunata Europa in cui viviamo non conosce l’incubo d’un grande conflitto devastante e sanguinoso da oltre sessant’anni. La più lunga parentesi di pace d’un continente che è stato incessantemente percorso e flagellato da occupazioni, invasioni, battaglie. Lo strazio e la ferocia che l’umanità ha conosciuto non in tempi remotissimi, ma nel secolo dal quale siamo appena usciti, sono difficili da immaginare per chi di quegli avvenimenti non sia stato partecipe. Si dirà che il ricordo - in particolare per quanto riguarda le aggressioni hitleriane e la «soluzione finale» - è alimentato assiduamente da molteplici enti e dai mezzi d’informazione. Vero. Ma è bene che siano particolarmente sottolineate le sofferenze dei giovanissimi, le vittime più deboli, più vulnerabili, più innocenti. Ci fu accanimento su di loro: sgomenti, spauriti, laceri, ma spesso fieri di fronte alla crudeltà, di fronte alla morte.
Sono testi, questi, che dovrebbero essere proposti ai giovanissimi che abbiamo intorno, e anche a certi loro verbosi Maestri. Perché questi giovanissimi mugugnano sempre, hanno l’aria di chi vive nel peggiore dei mondi immaginabili, provano angosce esistenziali d’inaudita asprezza se capita loro di trovarsi senza telefonino. E i Maestri vezzeggiano i bamboccioni, affermano di capire i loro patimenti, rinfacciano agli adulti insensibilità e durezza. (In altri momenti i Maestri dichiararono comprensibili le motivazioni che inducevano alcuni bamboccioni di pessimo carattere al terrorismo). Se leggessero le pagine di Ragazzi in guerra e nell’Olocausto - ma purtroppo si legge poco - i viziati e accigliati signorini, e signorine, potrebbero fare i debiti confronti. E rendersi conto di quali fossero i drammi esistenziali di quei loro coetanei.
Mary Berg, una quindicenne con cittadinanza americana che viveva in Polonia e che fu rinserrata nel ghetto di Varsavia, ci ha consegnato questa tremenda e stupenda narrazione del sacrificio dei bambini d’un orfanotrofio e del dottor Janusz Korczak che si curava di loro. «File di bambini che si tenevano tutti per mano hanno cominciato a uscire dalla porta. C’erano fra loro bimbetti di due o tre anni, mentre i più grandi avevano circa 13 anni. Tutti indossavano dei grembiuli bianchi. Non avevano il minimo presagio del loro destino. Alla fine della processione camminava il dottor Korczak che controllava che i bambini stessero sul marciapiede. Ogni tanto, con paterna sollecitudine, carezzava la testa o il braccio di un bambino... Sono andati verso via Gesia, al cimitero. Al cimitero tutti i bambini sono stati fucilati.
Il dottor Korczak è stato costretto ad assistere alle esecuzioni e dopo è stato fucilato anche lui». Queste cose atroci sono veramente avvenute. Oggi ci sono i «disobbedienti», vivaci e in eccellente salute, e magari gratificati d’un seggio parlamentare, che si atteggiano a martiri.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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