nostro inviato a Monte Petrano
Caro diario, abbiamo voluto gli stranieri al Giro d'Italia, adesso gli stranieri vogliono il Giro d'Italia. Non dobbiamo piagnucolare: è un modo infantile e stupido di reagire. Quando ce la sbrigavamo tra di noi, dicevamo che era una corsa misera e provinciale, una specie di campionato italiano a tappe. Ora ci sono i big del mondo e sembra quasi che il giochino non ci piaccia più. Allora diciamolo: gli stranieri ci vanno bene soltanto se vengono qui a farsi strapazzare. Ma purtroppo non sempre va così. Lanno scorso ci ha sistemati Contador. Stavolta ci sta sistemando il russo Menchov. E che Menchov. Anche nella tappa più dura del Giro - in mezzo allAppennino: pensa che tapponi sono gli altri -, la maglia rosa infligge unaltra lezioncina al gruppo: dopo sette ore di corsa, sotto un sole arrogante, tra due muraglie di tifosi fachiri, sullultima salita lascia che i suoi avversari si sfoghino un po' e poi li spadella direttamente in tavola. È una grigliata mista. Lamericano Leipheimer, salvato da un eroico Armstrong, il più cotto di tutti.
Per la verità si salva un altro straniero, lo spagnolo Sastre, l'ultimo vincitore del Tour: costui, famoso per la sua flemma e per i lunghi sonni pre-corsa, pedala in dormiveglia fino ai piedi dell'ultima ascesa, quindi se ne va e rimonta tutti i fuggitivi, fino a vincere da solo e a risalire in classifica. Con il suo fare da messicano stanco all'ora della siesta, così spiega l'impresa: «Ho fatto un po' il furbo, lasciando che prima scattassero gli altri. Poi sono partito. Posso ancora vincere il Giro? Claro che sì, sono qui per questo...».
Alle sue spalle, il grande chef russo si cucina da maestro due spiedini italiani: un valoroso Basso, l'unico ad attaccare convinto, e il suo avversario diretto Di Luca, cui soffia sul traguardo pure i secondi dell'abbuono. «Non ho ancora vinto il Giro - dice Menchov con garbo - ma oggi ho superato una tappa molto importante». Spiega invece Di Luca: «Ho inseguito io Basso e Sastre, quando se ne sono andati, perché temevo di perdere il secondo posto...». Per i suoi tifosi, per tutta quanta l'Italia intera, non è un bel sentire. Non è esaltante l'idea di correre per un secondo posto. Fortunatamente, è lo stesso Di Luca a correggere la mira: «Comunque, dopo il riposo, cè il Blockhaus. La mia tappa, davanti alla mia gente d'Abruzzo. La possibilità di vincere il Giro cè ancora...».
Forza Di Luca, forza Abruzzo, forza Italia: ci sono 39 stramaledettissimi secondi tra il sogno azzurro e la maglia rosa. Ma il vero problema non è l'esiguità di questo tempo, davvero minuscolo, quanto l'enormità del russo. Da qui al finale di Roma, mancano il Blockhaus (tappa da 80 chilometri: altro capolavoro del patron Zomegnan, al secolo Mago Zom, lartista che con un colpo di bacchetta ha trasformato l'Italia nei Paesi Bassi), più il Vesuvio (sabato) e la minicrono di Roma (16 chilometri, domenica). Meglio essere molto realisti e sinceri: tutto dice Menchov. Soprattutto la crono romana. Ma il cuore no: il cuore batte italiano e fino all'ultimo dice Di Luca. Però faccia il favore: non parli più di secondo posto con una settimana d'anticipo. Se gli viene la tentazione, si morda la lingua e provi a scattare.
Caro diario, dalla vetta del monte Petrano si contemplano le bellezze marchigiane che tanto incantano gli investitori immobiliari di Germania e d'Inghilterra. Casali rimessi a nuovo, pascoli come giardini, filari d'alberi come pizzi e ricami. In questa ambientazione da favola, gli animi più sensibili e lievi sono mossi verso le più alte meditazioni. Figuriamoci dove possono arrivare quelli dei commentatori Rai, inguaribili poeti. È la giornata memorabile di DinosAuro Bulbarelli, il più grande telecronista (145 chili) delle reti parastatali. Nella tappa decisiva del Giro, l'appassionato pubblico apprende finalmente cose sublimi. Tra le altre, annoto queste. «Non può essere qui con noi Michele Gismondi, classe 1931: però lo salutiamo». «Questa è la zona del tribuno Gaio Sempronio Gracco». «In vetta al monte Nerone, tetro e misterioso, c'è un importante ripetitore Rai che irradia i nostri programmi in tutta l'area mediterranea (la miseria! ndr)».
Caro diario: tra satellite e dirette varie, commentano per ore, dalla mattina alla sera. Vanno capiti: tocca lavorare. Però DinosAuro non può lamentarsi: per lui, è l'unico modo di tenere la linea.
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