«Il Fai è unorganizzazione straordinaria, riconosciuta da tutti. Ci consente di bussare a qualunque porta ed essere accolti con rispetto. Ci stiamo muovendo in un contesto molto difficile data lattuale recessione economica». Ilaria Borletti è presidente del Fondo per lAmbiente italiano dal primo gennaio. Una 55enne milanese che vive a Perugia, da sempre dedita al volontariato in vari campi. Dalle esperienze in Africa come presidente Amref Italia Onlus per la salute in Africa, come presidente Summit della Solidarietà, fino al Chair Borletti-Buitoni Trust (Uk) per il supporto e la promozione di giovani talenti musicali. Un donna del futuro, già imprenditore in società ad alta tecnologia a Londra, ma innamorata degli inestimabili gioielli darte e di ecologia del nostro problematico Paese.
Il primo progetto per rimediare a queste difficoltà?
«Dobbiamo sensibilizzare il pubblico. Un esempio pratico: il National Trust in Inghilterra, il modello al quale ci ispiriamo, ha 3 milioni e mezzo di soci. Noi ne abbiamo 80mila. Tra queste due cifre cè un abisso. È vero che il National Trust ha cento anni di Storia, ma cè un differenziale che può essere colmato anche da noi. Dobbiamo spiegare agli italiani che il Fai si occupa del loro patrimonio e quindi della loro terra. Più saremo e meglio potremo influire anche sulle scelte politiche».
Adesso qual è il bene di cui vi state occupando?
«Il più importante cantiere è quello della Villa dei Vescovi in provincia di Padova che è un esempio di villa veneta assolutamente straordinario. Ci è stato donata da Maria Teresa Olcese ed è un restauro complicatissimo, nel quale si trovano di continuo mille sorprese che rallentano i lavori. Poi il Bosco di San Francesco d'Assisi, un bosco tutto da recuperare, per il quale abbiamo un progetto da due milioni e mezzo di euro per mettere a posto tutta larea. E cè il cantiere dellAquila, al quale tengo particolarmente: il restauro della Fontana delle 99 cannelle, una sorta di simbolo dellAquila come se fosse il Duomo di Milano. Una fontana fantastica, e soprattutto un contributo alla ricostruzione del centro storico di questa città ferita. Speriamo serva anche da stimolo».
Come pensate di risolvere tutti questi problemi? Si rivolge al governo?
«Il governo in questo momento di congiuntura internazionale ha gravi difficoltà di risorse e deve rispondere a domande primarie piuttosto che a quelle di unassociazione come la nostra. Quindi ci rivolgiamo a quella rete di sostenitori che sono le fondazioni bancarie, i Comuni o le Regioni che gestiscono fondi europei destinati a sostenere anche il Fai, bandi specifici per la conservazione o il restauro ma a livello locale. E poi al mondo delle aziende che però adesso sono in sofferenza. Tutte le associazioni hanno registrato un calo del 35, 40% negli ultimi due anni».
Quando mancano i fondi che cosa succede?
«Non si può far altro che fermare i cantieri, e il restauro»
Adesso a che punto è la Villa dei Vescovi?
«È quasi finita. Direi che il budget è quasi tutto coperto. La parte strutturale è a posto. Manca ancora tutto lesterno. Quindi lapertura al pubblico è prevista nellaprile 2011».
Esistono associazioni come il Fai nelle altre nazioni europee?
«Come ho detto, solo in Inghilterra ed è il National Trust col suo slogan: for everybody, forever (Per tutti, per sempre). Invece la Francia ha il suo Institut du Patrimoine National: un ente pubblico. In Germania ci sono varie associazioni private. Ma gli altri Paesi hanno patrimoni artistici meno cospicui e tutto diventa più facile anche grazie alla defiscalizzazione».
Che cosa manca di più nel Fai?
«Una comunicazione vitale. Adesso siamo percepiti come una fondazione nordica e ricca. Io, quando la lascerò, vorrei fosse percepita come non più nordica e non più ricca poiché queste connotazioni non corrispondono a verità. Adesso ci stiamo muovendo verso il sud nel tentativo di acquisire proprietà».
Per aumentare le entrate avete progetti fissi?
«Abbiamo appuntamenti annuali come la Giornata di Primavera che non è una raccolta fondi obbligata, ma lo diventa. Quando apriamo gratuitamente i beni concessi per quei due giorni chiediamo alle persone un aiuto volontario».
E i fondi raccolti tramite le visite a pagamento?
«Sono introiti che bastano appena a gestire in modo adeguato le proprietà. Il ricavo dei biglietti non arriva a coprire le spese. Esiste liniziativa dei luoghi del cuore per spingere gli Italiani ad un atteggiamento più sensibile nei confronti del Patrimonio darte e di natura segnalandoci luoghi a rischio particolarmente significativi».
Perché non organizzate concerti, pranzi, balli?
«Sono iniziative ormai inflazionate. Ho limpressione che la gente ne sia stufa. Vorrei dare unimpronta di raccolta fondi più diffusa e meno elitaria perché penso che chiedere sempre alle stesse persone non porti grandi risultati. Spero attraverso laumento degli aderenti di allargare la base di consenso del Fai anche a gente che può dare 40 euro: se riuscissimo a raddoppiare i soci aggregando piccoli sostenitori sarebbe una grande vittoria. Comunque ogni proprietà organizza eventi di tutti i tipi, aperti a chiunque desideri avvicinare i beni del nostro Paese».
Perché non usate la tv?
«Ci andiamo. Limpatto della tv è importantissimo. Ci vogliono argomenti scatenanti per attirare lattenzione del grande pubblico. Però la Rai, non è un mondo facile anche se ultimamente siamo stati presenti in molte trasmissioni».
E agli italiani cosa vorrebbe chiedere?
«Dovrebbero rendersi conto che quando si parla di patrimonio culturale dellItalia si parla di un patrimonio che può dare forza al Paese. Un esempio: la Sicilia è forse una delle regioni più belle del mondo. Se avesse puntato davvero su questo patrimonio culturale e di natura avrebbe di certo meno problemi. Questa ricchezza se ben sviluppata può rappresentare una soluzione senza concorrenti al mondo».
La sua sfida, crescere fino al doppio, è impossibile?
«No.
Anche lei come Giulia Maria comprerà un bene da regalare al Fai?
«Se la Borsa non continua a scendere, sì».
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