La sfinge guarda muta, tutto passa sotto le sue zampe, la vita brulica più in là, lungo la Pyramids Roads, nelle grandi sale del Mena House, albergo delle meraviglie, per le vie e viuzze del Cairo, dove risuonano cento lingue e l'Egitto di Re Farouk, tra crisi e lisi, si rivela per quello che è: una nazione cosmopolita.
È in questo microcosmo appoggiato sulle rive del Nilo, in quello che il Cairo era tra il 1940 e il 1964, che il nuovo romanzo di Denise Pardo, Tornare al Cairo (Neri Pozza, pagg. 344, euro 20) porta il lettore. La Pardo, giornalista e scrittrice, già autrice de La casa sul Nilo (sempre Neri Pozza), quel mondo lo conosce bene, al Cairo è nata e ne porta impresse le tante sfumature. E, infatti, intreccia, come in un canestro di papiro a maglia stretta, le vicende di questa città, in quella che fu una sorta di epoca dorata del bel vivere, sebbene sotto l'ombra di un protettorato inglese e di un sovrano fragile. La città era una sorta di ombelico del Medio oriente, un'oasi dove si incontravano decine di culture e che, ad un certo punto, si vide travolgere dall'irrompere della Storia, della decolonizzazione, delle tensioni innescate dalla nascita di Israele, dal sorgere del panarabismo e dell'islam politicizzato, a partire da quello dei Fratelli Musulmani.
Che filo rosso utilizza l'autrice per dipanare la trama, con prosa pulita e precisione storica? La vicenda di una giovane espatriata dall'Inghilterra proprio nel 1940, Kate Lambert. Le bastano pochi giorni al Cairo, al seguito del padre, un gentiluomo squattrinato, per innamorarsi perdutamente della città. Niente a che vedere con la Londra plumbea da cui è partita e su cui incombe la guerra. La capitale egiziana annega nella luce, si ammanta del panorama del deserto. Ci sono i magnifici hotel che piacciono ai facoltosi britannici, accusati di essere i veri padroni del Paese, le sontuose sale da ballo dove passano tutti quelli che nel mondo contano, ma c'è anche la cultura degli ebrei sefarditi, ci sono le servette furbe e un po' streghe che insegnano a questa ragazza a vivere la città bassa, la più viva. E poi ci sarà Hafez. Quando lo incontra è subito affascinata dai suoi abiti occidentali, dall'accento di Oxford, da un alone di mistero seduttivo. Scoprirà col tempo che quest'uomo, che le si insinuerà nel cuore, è la forza travolgente del nuovo Egitto che stravolgerà la città e il Paese.
Hafez ha un profondo legame con Gamal Abd el-Nasser, l'ufficiale che guiderà il colpo di Stato per abbattere re Farouk. E le rivoluzioni squassano anche i sentimenti... Tornare al Cairo è il dolce rimpianto letterario di una alchimia mediorientale di cultura e saper vivere. Nemmeno la Sfinge sa dirci se tornerà mai.