Il «Mercante» di Ek uno Shakespeare tra storia e balletto

Igor Principe

«Rileggere un classico significa riportarlo in vita restando fedeli alle emozioni che esso è capace di suscitare. Al contempo, però, bisogna essere capaci di mostrare ciò che non era pensabile quando l'opera nacque nella testa del suo autore».
Se ci è accordata facoltà di sintesi, le parole di Mats Ek esprimono il senso del fare arte con i capolavori del passato: attualizzare. Che non significa vestire di abiti nuovi un corpo vecchio per renderlo presentabile al pubblico, ma indovinare tra le pieghe della trama quegli spunti da agganciare al presente con la massima naturalezza, e su cui far leva per capire un po' di più il mondo in cui ci si trova a vivere.
Il Mercante di Venezia che il regista svedese porta in scena da venerdì 7 a domenica 9 al teatro Strehler (con cui il Piccolo inaugura la settima edizione del Festival del Teatro d'Europa) è, sotto questo profilo, un «classicone». Shylock non è soltanto l'usuraio ebreo che presta denaro ad Antonio chiedendo, come interesse, una libbra della sua carne; più di tutto, è lo specchio in cui l'umana natura riflette se stessa ricevendone un'immagine deformata in tante piccole facce. Per ognuna di esse, un tema su cui riflettere.
«Si parla di testo contemporaneo pensando immediatamente all'antisemitismo - dice Ek -. Chi può negarlo? L'ebreo è visto come “altro“ dai personaggi cristiani, nella città in cui, prima nella Storia, nacque un ghetto. Ed è facile proiettare nel tempo quella diversità, pensando in un attimo all'Olocausto. Ma proviamo ad andare oltre, pensando magari al ruolo del denaro, a considerare che ogni cosa ha un costo e che non puoi sempre monetizzarlo. E pensiamo che anche Shylock ha qualcosa di umano da scoprire. I suoi antagonisti non ci riescono, ma il pubblico sì».
Nei panni dell'usuraio è Malin Ek, sorella gemella di Mats. Scelta quantomeno bizzarra, che il regista spiega con la necessità di «favorire un necessario straniamento. In questo modo è possibile collegare il destino di Shylock al resto dell'umanità, sganciandolo dalle contingenze della trama. Lui è quell'«altro» che viene disprezzato e ghettizzato. Ma nello stesso tempo, quei caratteri umani di cui ho detto ne fanno uno di noi».
La complessità confonde le acque, ogni aspetto di una questione si annoda a un altro, anche opposto ad esso. Che Shakespeare sia maestro insuperato nel rendere le sfumature dell'uomo, è un fatto. Che quelle sfumature possano essere interpretate in vario modo, è una possibilità che Mats Ek ha voluto sfruttare fino in fondo. Così, il suo Mercante diventa una creatura a cavallo tra regia e coreografia. Lui la definisce «un'opera barocca». «In quei lavori, l'incedere dell'azione spesso sfociava nel canto di un'aria, alla quale il protagonista di turno affidava l'espressione del suo sentimento. Qui la danza ha la stessa funzione».
Condotta su musiche originali di Nico Roelche, la coreografia si muove sorreggendo in alcuni momenti il filo della narrazione, e trasformandosi in una forma di coro greco in altri. L'obiettivo, comunque, è quello di sempre: «dare nuovi punti di vista - prosegue Ek - e portare le figure sotto una nuova luce. Jessica, per esempio: quasi irrilevante per Shakespeare, determinante per noi che la vediamo come un buco nero. O Bassanio, che io considero una pagina in attesa di essere scritta».


Prodotto dal Kunliga Dramatiska Teatern di Stoccolma, lo spettacolo vede tra gli attori un paio di figli d'arte. Uno è Gustaf Skarsgård (Bassanio), figlio di quello Stellan particolarmente apprezzato da Lars von Trier. L'altro è Jonas Malmsjö, il cui padre Jan fu tra le presenze più assidue nei film di Ingmar Bergman.

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