Il mercato chiama, ma le resurrezioni quasi mai funzionano

È il caso di brindare a champagne, per l’annunciata riunione delle Spice Girls? Dipende dal punto di vista: da quello artistico, gli scaffali del pop usa e getta sono già abbastanza gremiti da nuove meteore, per farci auspicare il richiamo in servizio di altre già da tempo in quiescenza. Da quello commerciale - che più sta a cuore a un’industria canora notoriamente poco interessata ai valori artistici - si potrebbe pensare, d’acchito, che uno stile così prepotentemente consumistico, inventato in laboratorio dai demiurghi del marketing, possa tornare a costituire un investimento redditizio, specie tra il poco pretenzioso pubblico dei giovanissimi. O magari suscitare le nostalgie dei teen ager d’allora, che sono diventati i trentenni o i quarantenni di oggi. O entrambe le cose, chissà.
A giudicare dai fatti, viceversa, il riciclaggio di antichi idoli giovanili non sempre va a buon fine: così è stato per i reiterati ritorni dei Duran Duran, per la recente reunion dei Take That e per altri tentativi analoghi, accolti con pari disinteresse dai fan d’un tempo e dai giovanissimi. Perché? Per quanto riguarda questi ultimi, la natura stessa di una produzione tutta impostata sull’effimero costringe i fabbricanti di pop teenageriale a sfornare novità a getto continuo, sia per la volubilità del gusto adolescenziale, sia perché l’«età fiorita» inesorabilmente passa, e cede il passo a gusti meno futili. C’è dunque, nel pubblico adolescente, un ricambio incessante, che impone all’industria di rimpiazzare continuamente gli idoli giovanili: sarà dunque arduo che le ormai «vecchie» Spice Girl possano sedurre i ragazzini di oggi come sedussero quelli di vent’anni fa.
Per gli ex giovanissimi, vale quanto appena detto.

Chi, a dodici o quindici anni, trovò epidermico godimento nelle evanescenti canzoncine e nell’imberbe romanticismo di Duran Duran, Take That, Spice Girl e altri gruppi analoghi, con l’età ha imparato che la vera musica abita da un’altra parte, e che solo da questa parte si possono trovare emozioni più profonde o anche un più saporito intrattenimento. Non a caso l’unico vero talento dei Take That, Robbie Williams, ha a suo tempo rifiutato di partecipare al riformarsi del suo ex gruppo. Consapevole che certe resurrezioni, pur reclamizzatissime, quasi mai funzionano.

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