Il mercato nel 2010 Export migliorato e segnali di ripresa

Se l’hanno chiamata globale, un motivo ci sarà. La crisi economica, in effetti, nell’ultimo biennio non solo ha colpito, seppure con intensità diversa, praticamente tutti i Paesi del globo, ma anche la quasi totalità dei settori produttivi e merceologici. Compreso, e non poteva essere altrimenti, quello degli orologi da polso. Per quanto riguarda l’Italia, a confermarlo è l’indagine annuale sugli acquisti condotta da Gfk Retail & Technology e commissionata da Assorologi, l’associazione imprenditoriale di categoria aderente a Confcommercio. I dati elaborati, relativi al 2009, parlano infatti chiaro: l’anno scorso, gli orologi da polso venduti nel nostro Paese sono stati 7,2 milioni, vale a dire il 10,5% in meno rispetto al 2008. In calo anche il valore complessivo, che con 1,24 miliardi di euro fa segnare una contrazione anno su anno di oltre sette punti percentuali. E scende pure il prezzo medio, che si attesta sui 172 euro contro i 177 di dodici mesi prima. Insomma, un arretramento su tutta la linea. Che però, è la buona notizia, nel 2010 sembra aver lasciato il posto a una progressiva ripresa. Pur in mancanza di elaborazioni complessive, che arriveranno solo dopo la fine dell’anno, lo testimoniano per esempio i numeri relativi alle importazioni nel primo semestre, che fotografano un significativo risveglio del mercato interno. «Abbiamo attraversato un biennio complicato - commenta Mario Peserico, presidente di Assorologi - che non poteva non coinvolgere anche il nostro settore. Eppure, fin dall’inizio del 2010 il livello di fiducia dei consumatori è tornato a livelli soddisfacenti e i dati del primo semestre confermano che il mercato sta riprendendo a crescere, sia in valore che in numero di pezzi». In effetti, analizzando il periodo gennaio-giugno si scopre che, con quasi 415 milioni di euro, il valore delle importazioni è tornato praticamente agli stessi livelli del 2008, lasciandosi alle spalle la parentesi recessiva del 2009 (388 milioni). Ancora più eclatante il risultato in termini di numero di pezzi: con oltre dieci milioni di orologi importati, la prima metà del 2010 ha fatto segnare la migliore performance dell’ultimo quinquennio, pari a un’impennata del 55% sul 2009. Scendendo nel dettaglio, il maggiore fornitore del mercato italiano dell’orologeria si conferma di gran lunga la Svizzera, che rappresenta il 62% del valore importato totale. Le altre fonti di approvvigionamento sono la Cina (70% dei pezzi importati, ma appena il 14% a valore) e la Francia. Seguono Germania, Hong Kong, Austria, Giappone e Spagna. E per quanto riguarda le abitudini di acquisto dei nostri connazionali?
A indagarle in profondità è il già citato studio di Gfk, secondo il quale nel 2009 l’orologio più venduto è stato il «solo tempo» (82% a quantità e 71% a valore), mentre è calata la quota percentuale dei cronografi. Confermata la leadership del movimento al quarzo (68% a quantità e 51% a valore), gli italiani hanno dimostrato di prediligere la cassa in acciaio, il quadrante analogico e il bracciale in metallo. Per effettuare gli acquisti, poi, il canale privilegiato è rimasto quello tradizionale delle gioiellerie e orologerie, con il 45% in quantità e il 60% a valore. Infine, una curiosità di carattere anagrafico, tratta da una recente indagine curata dall’Ispo (Istituto per gli studi sulla pubblica opinione): l’orologio, specie quello di marca, è oggi sempre più un prodotto per giovani.

Sono infatti gli under 35, soprattutto quelli di sesso maschile, ad apprezzarlo particolarmente, a indossarlo di più, ad associarvi valori simbolici e di status e a sceglierlo in base a precisi criteri di design, tecnologia e moda.

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