Tutto secondo le più facili previsioni: è bastato lanciare il sasso nella vetrata, giocando al gioco del campione più forte di tutti i tempi, e subito mi sono ritrovato sommerso di posta. Il grande pubblico del ciclismo, ancora una volta, conferma la sua competenza, la sua passione, la sua civiltà. Chi a favore della mia tesi - Merckx il numero uno -, chi contro, tutti si sono espressi con dovizia di calcoli, ragionamenti e argomentazioni. Doveroso, a questo punto, riconoscere diritto di espressione a un pubblico così dannatamente colto, che ricorda tutto e non trascura alcun dettaglio. Purtroppo, siamo costretti a una sintesi: la mole di posta, come numero e come lunghezza, ci impone questa fastidiosa opera di scelta. Confidiamo nello spirito di comprensione dei lettori.
Ovviamente, a me - che comunque resto un devoto del Campionissimo, perché la sua leggenda è unica e irripetibile, avendo attraversato non soltanto un semplice sport, ma il costume, la cronaca e la storia di un periodo particolarissimo d'Italia - a me, dicevo, viene concesso il diritto di replica: non per stabilire che alla fine ho ragione, ma per chiarire ulteriormente le mie ragioni.
Devo dire subito che in questa bella discussione mi sembra tutto accettabilissimo, tranne una cosa: che Coppi si sia trovato contro avversari fortissimi, mentre Merckx si sarebbe trovato contro praticamente nessuno, al massimo Gimondi (già una precisazione personale: Gimondi resta un grandissimo, molto più grande di tanti avversari di Coppi).
Ecco, trovo questo genere di discorsi molto puerile. Ricordo che è tipico del Fenomeno dare la sensazione a tutti di non avere avversari. Se così non fosse, dovremmo concludere per esempio che Cassius Clay, Michael Schumacher, Valentino Rossi sono immensi solo grazie a una fortunatissima coincidenza della storia, talmente generosa da non disturbarli con avversari adeguati. Vogliamo dire questo?
Per il resto, ringrazio sentitamente quelli che mi spiegano risentiti come i paragoni tra varie epoche non siano possibili. Per ricambiare, ricordo loro che gli articoli andrebbero letti almeno con un minimo di attenzione. Se così fosse, questi liberi docenti noterebbero che proprio all'inizio del mio articolo specifico io per primo come il paragone sia scientificamente impossibile, e come possa reggere soltanto a livello di divertente gioco per tifosi, trovando almeno un criterio di giudizio utile e attendibile, non basato su ricordi ed emozioni personali, ma su qualcosa di concreto (io ho scelto le carriere, non mi sembra una carognata). In ogni caso, sia detto senza acredine: chi mi ricorda che i paragoni sono impossibili, se lo ricordi anche quando mette su il disco di «Coppi più grande di tutti». Un disco che sento da quando portavo le bretelle e i calzoni corti. Se il paragone è impossibile, lo è sempre. Non solo quando premia Merckx.
A seguire, tutte le puntuali specificazioni tecniche. Mi fanno notare che Coppi ha saltato gli anni della guerra. Grazie, lo so. Mi fanno notare che Coppi ha avuto molti infortuni. Grazie, lo so. Mi fanno notare che Coppi ha vinto meno perché ai suoi tempi le corse erano molto meno rispetto a quelle dell'epoca-Merckx: fesseria totale, la differenza è trascurabile. Mi fanno persino notare che Coppi ha avuto una vita privata molto difficile. Grazie, anche questo so.
Non sarò certo io a negare tutto questo. Confermo e sottoscrivo, anche se - bisogna sempre ricordare - non sta scritto da nessuna parte che senza guerra, senza infortuni e senza vita privata agitatissima, Coppi avrebbe vinto più di Merckx: com'è noto a quasi tutti, la storia non si fa con i se e con i ma.
Detto questo, aggiungo solo l'ultima considerazione, per me fondamentale e definitiva. Comunque li si voglia considerare, gli infortuni, le stagioni saltate per la guerra, la vita privata, tutti questi impedimenti non sono certo prove schiaccianti per dimostrare che Coppi è più forte di Merckx. Al massimo, sono solo le attenuanti generiche dell'inappellabile sconfitta.
P.S.
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