RomaValutazione? No, grazie. Neppure la prospettiva di uno stipendio in più, una sorta di quattordicesima, induce i professori a sottoporre il loro lavoro ad un giudizio esterno. Il tabù dunque resiste e ancora una volta il tentativo di introdurre nel mondo della scuola un sistema in base al quale premiare i docenti più competenti e più impegnati e gli istituti più qualificati rischia di infrangersi contro la barriera innalzata dalla categoria, in nome di un egualitarismo che vuole cancellare qualsiasi differenza di preparazione, serietà e dedizione nei confronti della professione docente.
Il ministro dellIstruzione, Mariastella Gelmini, come per la verità avevano già tentato in modi diversi di fare i suoi predecessori negli ultimi 15 anni, ha messo a punto due progetti paralleli: uno per la valutazione degli istituti nel loro complesso e uno per i singoli docenti. Si tratta di due progetti sperimentali ai quali aderire volontariamente. Quello per le scuole era stato proposto a Pisa e Siracusa, laltro indirizzato ai professori a Torino e Napoli. I progetti sono sperimentali ma i soldi per finanziarli ci sono davvero. Le scuole migliori saranno premiate con un fondo pari a circa 70.000 euro mentre i docenti avranno diritto ad una mensilità lorda in più.
Eppure la maggioranza dei docenti e degli istituti interpellati hanno detto no, tanto che il ministro è stato costretto a far slittare la data per aderire al 7 febbraio. Perché? Ladesione al progetto di valutazione è su base volontaria e da Torino ad esempio quasi tutte le scuole hanno respinto la proposta attraverso i rispettivi collegi dei docenti, chiamati ad esprimersi in proposito. Insomma, hanno fatto quello che chiedeva loro la Cgil con capillare opera di volantinaggio: respingere la proposta di sperimentazione. In linea di principio nessuno si dice contrario alla valutazione. Ed è ovvio visto che si tratta di un principio indiscutibilmente giusto, in vigore in tutti gli altri paesi europei dove i docenti hanno lopportunità di fare carriera e guadagnare di più in base alla propria capacità ed al proprio impegno.
In Italia invece tutti sono daccordo con il principio in astratto, ma poi di fatto la categoria si oppone a qualsiasi metodo proposto fino ad ora. Ed infatti nessuna forma di valutazione sui docenti e nessuna progressione di carriera in base al merito sono mai riuscite a partire. Il primo a provarci seriamente fu il ministro Luigi Berlinguer, che alla fine degli anni 90 trasformò il Centro Europeo dellEducazione nellInvalsi, ovvero lIstituto nazionale di Valutazione, successivamente trasformato nelle sue funzioni dai ministri Letizia Moratti e poi da Giuseppe Fioroni. Comunque nessuno è riuscito ad andare più in là di una generica valutazione dei livelli di apprendimento degli studenti a campione per la tenace contrarietà della categoria.
In questo caso ad esempio la Cgil contesta in particolare che nel sistema di valutazione dei singoli docenti si tenga conto anche del gradimento di famiglie e genitori. Una scelta demagogica, dice il sindacato. Se a giudicare fossero, anche, gli studenti e le famiglie sicuramente si innescherebbero meccanismi di captatio benevolentiae, come dire che i docenti faranno di tutto per compiacere gli alunni per ottenere il premio. Ma come? Non era il governo di centrodestra che stimava poco i docenti e li maltrattava, almeno secondo le opposizioni e alcuni sindacati? Invece sembra proprio che sia la Cgil a ritenere che i docenti ricorrerebbero a mezzucci pur di ingraziarsi gli studenti. Inaccettabile per il sindacato che ad occuparsi della ricerca esterna che accompagna il progetto siano dei soggetti «privati», ovvero la Fondazione Agnelli, la Fondazione San Paolo e Treelle.
Di fronte a tanta resistenza al ministro non è rimasto che allargare la sperimentazione ad altre città nella speranza che qui scuole e docenti si mostrino più disponibili.
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