Messa all’aperto a Pechino, arriva la polizia

Va molto di moda sostenere che la Cina comunista ormai non sia più tale. Al massimo, si afferma, si può dire che sia diventata il teatro di un generico autoritarismo, quando non (questa versione piace molto ai nostalgici del «socialismo reale»: ce ne sono ancora!) di una perversa forma di neocapitalismo mascherato. Sarà. Eppure basterebbe fare attenzione a come le autorità di questo grande Paese trattano i fedeli di ogni religione per rendersi conto che la vecchia massima marxiana «la religione è l’oppio dei popoli» continua a fornire l’occasione di usare le loro armi preferite: la violenza e l’intolleranza.
È Natale, e quindi lasciamo da parte per una volta il tragico destino dei pacifici buddhisti tibetani e dei praticanti del Falungong. Vediamo invece cos’è successo ai cristiani che nel giorno della loro festività più sentita avevano cercato di organizzare una funzione a Pechino. La chiesa di Shouwang ha una particolarità: non appartiene alla cosiddetta «chiesa patriottica», quella che il regime tollera solo perché accetta che il governo controlli le nomine dei suoi vescovi e il contenuto delle omelie pronunciate durante le messe. È una chiesa «underground», la più importante di Pechino. Per la festa di Natale i suoi capi avevano cercato di organizzare una messa all’aperto per centinaia di fedeli, ma questo è stato impedito con la forza. «Anche i servizi religiosi minori organizzati in vari punti della capitale sono stati interrotti - ha raccontato al Times il leader di Shouwang, che ha chiesto di non essere identificato - e più di trenta persone sono state portate via, mentre ad altre è stato semplicemente impedito di uscire di casa».
Un caso isolato? No. La settimana scorsa la polizia è intervenuta con tipica protervia anche a Xintan, nel sud-est del Paese. Un villaggio conosciuto (forse troppo conosciuto) perché ospita fabbriche che producono decorazioni natalizie. Nell’imminenza del Natale, la Chiesa locale aveva preparato tutto con cura: un altare era già pronto per la messa da tenere all’aperto e gli altoparlanti diffondevano i cantici. E mentre gli anziani del villaggio rimiravano soddisfatti la loro opera, una discreta folla si era radunata dietro uno striscione natalizio con la scritta «Notte silenziosa»: s’illudevano. Questo perfetto palcoscenico per una festa di Natale è stato rovinato dai poliziotti, inviati da «qualcuno» che ha ritenuto opportuno ricordare chi è che comanda in Cina.

Sono state distribuite un po’ di percosse ai fedeli, il piano elettrico che avrebbe dovuto essere usato per accompagnare i canti natalizi è stato sfasciato e per evitare che qualcuno si facesse venire l’idea di andare avanti come se niente fosse stato, è stata anche tagliata la corrente a tutto il paese. Chi ha voglia di ricordarselo dovrebbe tenere presente che dietro la generica dicitura «mancato rispetto dei diritti umani in Cina» c’è anche questo.

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