Messi vuole l’oro di Pechino ma ha già conquistato Pelè

Domani la finale Argentina-Nigeria, ’O Rey incorona l’asso del Barcellona: «Diventerà il migliore del mondo»

La bocciatura del calcio carioca a Pechino è arrivata anche in campo femminile: niente oro nemmeno per il Brasile in rosa, sconfitto ai supplementari dalle statunitensi e un fiume di lacrime sul podio olimpico. È finita esattamente come quattro anni fa ad Atene, il tabù continua: mai una vittoria ai Giochi, solo quattro argenti e un bronzo. Al quale potrebbe aggiungersi quello che Ronaldinho e compagni cercheranno di strappare oggi al Belgio (a Shanghai, calcio d’inizio alle 13, ora italiana), magari con la spinta di Pelè, sbarcato ieri a Pechino come testimonial della candidatura olimpica di Rio per il 2016. «I Giochi? Il mio rimpianto più grande della carriera - spiega O’Rey - se me lo avessero permesso, il Brasile avrebbe vinto da tempo la sua medaglia d’oro nel calcio. Invece ai miei tempi i professionisti non potevano esserci. Le Olimpiadi le ho viste sempre in tv, ma ero in tribuna ad Atlanta per vedere qualche gara dal vivo. Ora spero, se Dio mi concederà di arrivare fino al 2016, di fare i Giochi da dirigente».
Brucia ancora l’eliminazione contro i cugini argentini. «Il calcio è questo, per fare una grande squadra non bastano solo i grossi nomi, ci vuole gente preparata - dice ancora Pelè -. E poi loro avevano Messi, un vero trascinatore. L’ho conosciuto quando abbiamo dato il Fifa World Player a Kakà, lui era uno dei primi tre della classifica. A Messi è stato dato il tempo di crescere, diventerà il miglior giocatore del mondo».
Intanto gli basterebbe vincere l’oro a Pechino. L’appuntamento è per l’alba italiana di domani (ore 6 al National Stadium) per uno storico bis riuscito nella storia olimpica solo a Regno Unito, Uruguay e Ungheria (40 anni fa), ma anche per una rivincita attesa dal ’96. Stessa avversaria, la Nigeria che schierava l’ex interista Taribo West, arbitro Collina (la cui direzione fu parecchio contestata dagli argentini). La Seleccion di Passarella che aveva in campo tra gli altri Crespo, Javier Zanetti e Almeyda fu beffata a pochi secondi dal supplementare, gol del quasi sconosciuto Emmanuel Amuneke. L’ultima sconfitta dei biancocelesti alle Olimpiadi.
Leo Messi ha fatto tanto per esserci, ha sfidato anche le ire del Barcellona che avrebbe voluto richiamarlo in Spagna. Poi il via libera del tecnico blaugrana Guardiola e un’Olimpiade da protagonista. Da Londra 2012 la musica potrebbe cambiare: Blatter, spinto dal grande successo di pubblico raggiunto a Pechino (1,9 milioni di spettatori nei quattro stadi cinesi, che supereranno i 2 con le due finali), ha detto che proporrà l’inserimento dei tornei olimpici di calcio nel calendario Fifa a partire dai prossimi Giochi. Un modo per aggirare l’ostracismo dei grandi club a concedere i calciatori, ostracismo «benedetto» dal Tas che alla vigilia di Pechino diede ragione alle società. «Mi hanno detto che è un’esperienza speciale, diversa da qualsiasi altra cosa, non potevo saltarla», la confidenza della «pulce» argentina ad alcuni compagni di nazionale. E a Pechino la Messi-mania è scoppiata sin dalle partite di qualificazione: spalti pieni e presenze illustri (anche l’asso del Dream Team Usa Kobe Bryant) per ammirare le giocate di Leo.
I Giochi erano per Messi anche l’occasione per riscattare una stagione stregata, costellata di continui infortuni muscolari che hanno compromesso la sua annata nel club.

«È già pronto per il Pallone d’oro», la benedizione di Maradona, che in Cina si è coccolato il futuro genero Aguero, eroe contro i brasiliani. Domani si attende il suo acuto decisivo. Non gli dispiacerebbe che il suo nome fosse ricordato al fianco di quelli di Bolt e Phelps.

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