Messico, attacco ai volontari Cinque morti, rapito un italiano

L’attacco è stato improvviso, a pochi metri dalla meta. I volontari pensavano di avercela fatta. Invece i guerriglieri hanno iniziato a sparare. Due operatori sono morti sul colpo, degli altri non si sa molto. Con loro rapito anche un italiano, David Casinori. È da gennaio che a San Juan Copala, nello Stato di Oaxaca, nel sud del Messico c’è la guerra. Mancano l’acqua, la corrente elettrica. I guerriglieri hanno fatto chiudere le scuole, i medici sono scappati. Quando le donne escono dalle case per cercare cibo partono proiettili. Le condizioni della popolazione sono terribili.
È per questo che martedì si era messa in moto la carovana della pace, un’organizzazione umanitaria composta da osservatori internazionali e attivisti indigeni. Nel gruppo, oltre all’italiano, c’erano belgi, finlandesi, tedeschi. Volevano entrare dove non va neppure la polizia e l’esercito, volevano difendere i diritti degli indigeni. Lì, la lotta tra etnie sta massacrando la popolazione: da una parte ci sono i militanti dell’Unione benessere sociale della regione Triqui, la Ubisort, legato al Partito repubblicano istituzionale (Pri, populista), al potere ininterrottamente per 71 anni fino al 2000 e attuale prima forza di opposizione del Paese. Dall’altra, il Movimento unificatore della lotta Triqui , il Mult-i. I due gruppi si fanno la guerra da anni, ma negli ultimi giorni la situazione è peggiorata a causa dell’avvicinarsi delle elezioni a Oaxaca, il 4 luglio. Il convoglio umanitario era diretto proprio dove il Multi-i ha la sua sede operativa, a San Juan Copala.
Dovevano portare aiuti, acqua potabile, cibo, vestiti, medicinali, perché ormai manca tutto. Il capo dei guerriglieri dell’Ubisort, Rufino Juarez, non ci ha pensato due volte. Appena ha saputo della carovana ha avvertito: «A nessuna condizione li lasceremo entrare e tantomeno ci prenderemo la responsabilità di quello che potrebbe accadere. Li ho avvertiti, ora sta a loro». È successo il peggio. Ieri la carovana è stata attaccata. Le macchine in fila indiana stavano avanzando verso la città proibita, mancavano pochissimi chilometri a San Juan Copala. Pensavano di avercela fatta. Invece gli uomini erano lì, appostati sulla strada, armati fino ai denti. Hanno bloccato il passaggio con un camion, li hanno costretti a rallentare e poi hanno sparato usando anche un lanciagranate e un fucile con proiettili in grado di perforare le blindature. Nell’attacco almeno cinque operatori sono morti, tra loro una messicana e un finlandese, 22 sono rimaste ferite. Nel gruppo c’era anche l’italiano David Casinori. «Non sappiamo quanti siano gli attivisti coinvolti nell’assalto, perché il gruppo è stato rapito. È tuttora sotto sequestro», ha spiegato Gabriel Bagundo, un esponente dell’ong «Liga Mexicana por la defensa de los derechos humanos» che aveva organizzato la manifestazione in difesa dei diritti degli indiani Triqui.
La Farnesina per il momento non conferma, limitandosi a spiegare di star «verificando e raccogliendo informazioni». Secondo alcuni quotidiani messicani i sopravvissuti sarebbero scappati sulle montagne, altri invece sarebbero stati catturati dagli uomini di Juarez. Gli agenti non sono riusciti ancora ad avvicinarsi a San Juan de Copala perché sono stati sempre respinti a colpi di arma da fuoco da presunti membri dell’Ubisort. Anche il governo messicano ha preso le distanze dalla scelta degli attivisti: «In nessun momento c’è stata una richiesta formale da parte della carovana, non ci hanno mandato né il programma, né gli obbiettivi, né il loro percorso».
Oaxaca abbandonata, questo è tra gli Stati più poveri, a maggioranza indigena, diventato famoso in Italia per la località turistica di Puerto Escondido, quella del film di Salvatores.

A Oaxaca, povera e ribelle, nel 2003 è stato fondato il primo partito politico indigeno del Paese, formato da 35mila indios Triquis, una delle 64 etnie presenti in Messico. Ma il Partito di unità popolare (Pup) è solo il risultato di 23 anni di lotta indigena.

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