La metamorfosi di Grosso il signor nessuno che è diventato Cabrini

Quattro anni fa non aveva più di 40 milioni di lire in banca, da questo mese l’Inter gli passerà due milioni di euro. E intanto ringrazia Gaucci e Cosmi

Riccardo Signori

nostro inviato a Monaco

Chissà cosa avrà pensato e sentito? Avrà davvero visto tutto, come dice la sua mamma? La signora Jessica garantisce: «Quando nascerà, in settembre, non dovrò raccontargli nulla: ha visto e sentito tutto». Il bambino sta nel pancione di Jessica Repetto, moglie di Fabio Grosso, quel ragazzo dal sinistro incantato. Mentre papà segnava un gol che non si sarebbe mai sognato, loro stavano lassù sulla tribuna di Dortmund. Lei abbracciata alla confraternita delle signore d’Italia, un po’ nervosa, un po’ eccitata, con il bimbo che allungava i calcetti per dirle: o stai ferma o mi fai capire.
Chi ricorda i tempi eroici di Sampdoria e Pescara (dove giocava suo padre) avrà capito che Jessica è una che nel calcio c’è nata e deve proprio trovarsi bene se ha sposato un calciatore. Ma un’avventura così, quando mai l’avrebbe immaginata. Avanti e indietro per gli stadi di Germania a scortare il marito e l’idea di vederlo vincere: lui così taciturno e un po’ intimidito. Ed ora il più amato dagli italiani. La signora si è negata solo le due partite di Kaiserslautern. «Troppo faticoso arrivarci col pancione», ha raccontato. Ma si dev’essere pentita mica poco quando, in tv, ha visto il marito infilarsi in area e finir per terra contro gli australiani con tanto di rigore che ha spedito l’Italia in semifinale. Cosa ci siamo persi, avrà detto al bambino suo. Invece la sorte ha voluto compensare la famigliola. Grosso si è fatto sempre più Cabrini e sempre meno recluta. Contro gli australiani aveva acceso la fiammella della sua personalità, contro i tedeschi ha illuminato il cammino della storia azzurra dell’ultima decade.
Talvolta il destino sceglie i suoi eroi e questo ragazzo sta a pennello nella parte. Era nato per sopravvivere nel calcio, era nato per sopravvivere allo scetticismo generale in questa nazionale: pareva che la maglia gli fosse troppo larga, il mondiale una storia più grande di lui. Ora se la gode. Fra silenzi e toni bassi. Figlio dell’Italia dei semplici: papà abruzzese e mamma romana, entrambi impiegati alle poste, lui nato a Roma ventotto anni fa perché così voleva la mamma. Le mamme hanno sempre diritto di parola in queste cose ed anche Jessica ha deciso di far nascere il bimbo a Pescara, nei pressi di quella spiaggia, il Bagno Venere, dove lei e lui si sono conosciuti. Sembra una vita fa. Grosso quattro anni fa non aveva più di 40 milioni in banca, il primo stipendio da professionista sembrava una miniera d’oro: 150 milioni di lire. Ed, invece, adesso... la settimana prossima comincerà a contare i due milioni di euro che Moratti e l’Inter gli passeranno come stipendio.
La sua storia è come un fiore che sboccia: dapprima un po’ nascosta, racchiusa in un bocciolo finché qualcuno non lo annaffia, magari lo trapianta. Così è stato: quel giocare prima nella squadra dilettantistica intitolata a Renato Curi, poi i tre anni in serie C2 tra Chieti e Teramo, infine l’approdo a Perugia. Lo ha scoperto Luciano «Boom Boom» Gaucci, un tipo eccessivo in tutto, ma con occhio fino. Grosso non finisce mai di dirgli grazie. «Gli sarò sempre grato, sennò chissà dove sarei adesso». Lo ha svezzato Serse Cosmi che, tra un gorgoglio rauco e un rimbrotto, si è chiesto perché mai quel ragazzo dovesse giocare da trequartista. Prova sulla fascia. E il Cabrini del 2000 prese forma. Con il Perugia ha segnato un discreto gruzzolo di gol (otto) perché il piede è niente male. A Palermo, in circa 90 partite tra serie A e B, ne ha realizzati solo due, uno per serie. Ora si è risvegliato. L’Inter è entrata nella sua vita subito, esordio in A col Perugia a San Siro e bella scoppola: 4-1. È stato solo un arrivederci. Ora Moratti lo ha pagato 6,5 milioni di euro.

Ieri giornalisti spagnoli e d’altre parti chiedevano: «Ma questo Grosso chi è?». Forse non lo sapevamo neppure noi. C’è mancata la risposta, che più tardi è arrivata da lui: «Uno che ha atteso tutta una vita per vivere una serata così».

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