«Metamorfosis» fra gioia e vergogna I Fura dels Baus giocano con l’anima

Dalla corruzione di «XXX» alla rivoluzione di Kafka

Ferruccio Gattuso

Il palcoscenico, quando ad occuparlo è la Fura dels Baus, non è mai qualcosa di scontato: si trasforma in un luogo magico, spesso inquietante e sempre, inevitabilmente, scomodo. Dagli spettacoli di questa compagnia spagnola si torna con qualche domanda in più addosso, un irrequieto dubbio in più, ma la faticosa e necessaria sensazione di essere vivi proprio per questo.
L'ultimo sogno «destabilizzante» messo in scena dalla Fura si chiama Metamorfosis (in scena al Teatro Smeraldo dall'1 al 5 marzo) ed è la rappresentazione spettacolare del classico di Franz Kafka, capolavoro della letteratura espressionista del '900 e «urlo munchiano», in parole, della trasformazione in mostro dell'individuo.
Se nel discusso spettacolo precedente a Metamorfosis era il corpo a farsi simbolo di corruzione e pornografia (XXX, ispirato alla figura del marchese De Sade, conduceva il pubblico in una sorta di set cinematografico porno), ora è l'anima, impalpabile elemento costitutivo dell'uomo, a subire una trasformazione mostruosa.
La scelta dei drammaturghi Alex Oilé e Javier Daulte è infatti quella di non offrire agli occhi del pubblico una mutazione fisica («che sarebbe apparsa goffa e inefficace»), quanto piuttosto una rivoluzione psichica nella figura del protagonista, quel Gregor Samsa (interpretato da Ruben Ametllé) progressivamente isolato dal mondo, prigioniero della propria stanza, qui rappresentata da un suggestivo cubo di metallo e vetro, del peso di una tonnellata, mosso in scena da un sistema ad aria compressa.
Insomma, ce ne sarà abbastanza per restare tramortiti, tenendo anche conto che l'intera pièce è recitata - curiosamente, essendo la Fura rigorosamente catalana - in spagnolo castigliano (con scrupolosa traduzione italiana fornita in sopratitoli). «È uno spettacolo dai molteplici livelli di lettura - spiega il protagonista Ruben Ametilè, che sarà affiancato da altri quattro attori impersonanti l'intera famiglia Samsa - ma che può essere sintetizzato in un'opera sul peso della vergogna e sull'alienazione che essa genera nell'essere umano».
La stessa vergogna e la stessa insicurezza alienante, suggerisce Angelina Llongueras (che recita nel ruolo della madre di Gregor), che colpisce i cosiddetti hikikomori giapponesi: «Sono - spiega l'attrice - quei ragazzi, sempre più numerosi, che in Giappone si relegano nella propria stanza, circondati dai mezzi tecnologici, Internet e cellulari, con cui cercano di evitare un contatto diretto, fisico, col mondo esterno. Le stesse famiglie, come avviene a casa Samsa, si vergognano di questi strani figli».
E dunque non stupisce l'estrema attualità dell'opera kafkiana, maneggiata dalla Fura dels Baus - alla prima esperienza con una messa in scena anche parlata - con la solita maestria visiva. «Impresa impegnativa - prosegue la Llongueras - perché Kafka non è certo un autore facile da rendere in teatro. Tutto succede nella testa di Gregor Samsa, il giovane diventa un insetto ma solo nella sua mente. Quanto alla struttura dell'opera letteraria, è stata mantenuta immutata, con un differenza drammaturgica importante: i personaggi della famiglia, che nel testo kafkiano sono quasi ombre, qui acquistano spessore e dimensione».
Un personaggio in più emerge nella Metamorfosis della Fura, e cioè un amico senza nome di Gregor: «È una figura che offre la prospettiva del pubblico - spiega Isak Férriz, che ne interpreta il ruolo - Un individuo che da fuori vede cosa succede all'amico, e in fondo si presenta come suo alter ego.

Ha gli stessi interessi, la stessa età e appartiene alla medesima condizione sociale. Osserva come Gregor trascini in basso tutta il nucleo familiare. Di più, cerca di sostituirsi a Gregor, cerca di ridare alla famiglia l'unità perduta»

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