«È un metodo che si può contestare»

I ricorsi si ammonticchiano sulla sua scrivania. Gli 007 del Comune controllano i cassonetti e spesso guardano lettere, buste e giornali per risalire al proprietario del sacchetto fuori legge. Vito Dattolico, coordinatore dei giudici di pace, ha le idee chiare: «Il sistema utilizzato da Palazzo Marino non va bene».
Perché?
«Perché l’onere della prova spetta all’istituzione».
In parole povere?
«Dev’esser Palazzo Marino a provare che sono stato io e non un altro a portare quel sacchetto in quel cassonetto o a mettere il cartone nella campana del vetro».
Il Comune legge le carte e si muove di conseguenza alla ricerca di chi ha sporcato.
«Errore. Un conto è la foto dell’auto, con tanto di targa, scattata dall’autovelox. Altra cosa è dire che io ho intasato o imbrattato quel cassonetto. Ma chi mi ha visto? Chi mi ha fotografato? E se una mia lettera è finita a casa di qualcun altro? O se c’è stato uno scambio di carte? Ma poi io non devo nemmeno preoccuparmi di dimostrare queste cose».
D’accordo, ma allora cosa deve fare il Comune per combattere la guerra per il decoro e la pulizia?
«Facciano una squadra speciale, come per i writers. In questo modo al cittadino arriverà chiaro il messaggio: meglio non buttare dove capita la pattumiera, perché i tecnici del Comune sono in perlustrazione; e la stessa comunicazione giungerà anche al negoziante che magari va dall’altra parte della città a gettare cinquanta imballaggi o cento chili di carta. Comunque, è lo stesso principio per cui se si va in giro col cane, e non si raccolgono le deiezioni, si rischia, se intercettati da un vigile, la sanzione».


Basterà?
«È la strada da seguire. L’altra, alla cieca, mi preoccupa. Poi, la corrispondenza è sacra e inviolabile. La Costituzione tutela questo diritto e non mi sembra sia il caso di dare la licenza a qualcuno di rovistare fra le carte dei cittadini».

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