Il metodo Woodcock viene bocciato: «Tanti errori e troppe intercettazioni»

Il metodo Woodcock viene bocciato: «Tanti errori e troppe intercettazioni»

RomaNon si difende, attacca. Davanti al Csm che deve pronunciarsi su un suo eventuale trasferimento per incompatibilità ambientale il procuratore di Bari Antonio Laudati è un fiume in piena. Tutt’altro che un magistrato in trincea. Dice di sentirsi un «capro espiatorio» e nel ricostruire la sua vicenda, che lo vede anche indagato dalla Procura di Lecce, si toglie più di un sassolino dalla scarpa.
Il suo ex sostituto Giuseppe Scelsi lo accusa di aver ritardato l’inchiesta sulle escort e di aver ostacolato il suo lavoro quando, per primo, indagò su Patrizia D’Addario. Il 22 settembre scorso Laudati viene sentito dalla prima commissione del Consiglio Superiore della Magistratura. Per quattro ore e mezza respinge al mittente ogni accusa, nega l’esistenza di una «polizia parallela, una struttura che faceva controlli sui sostituti», e si scaglia contro quei pm «che fanno vagonate di intercettazioni telefoniche, provvedimenti raffazzonati, divulgazione di atti, processi che non si sa se, come, quando...». Sembrerebbe proprio un riferimento indiretto ai pm di Napoli che indagano su Giampaolo Tarantini e Valter Lavitola, ma per il procuratore di Napoli Giovandomenico Lepore non lo è: «Escludo che il collega Laudati si sia riferito ai pm partenopei». Lo stesso Laudati, ora che le sue dichiarazioni sono state rese pubbliche, mette le mani avanti: «Nel corso della mia audizione non ho mai fatto riferimento alla Procura di Napoli». Certo avrebbe preferito che certe affermazioni non finissero sui giornali: «Sono sorpreso e rammaricato per il fatto che un’audizione che ritenevo secretata sia stata divulgata a mezzo stampa». Altre accuse, quelle ai pm baresi che hanno gestito l’inchiesta prima del suo arrivo, sono invece più che esplicite. A suo dire nelle indagini su Tarantini e sulla sanità pugliese sono stati commessi «gravi errori». Uno su tutti: la perquisizione nella casa dell’imprenditore che bruciò «l’intercettazione del secolo», quella di «Tarantini su Berlusconi». Gli investigatori dovevano acquisire libri contabili a casa di Tarantini e presso la Tecno Hospital, ma a seguito di quest’atto - racconta il procuratore - «quella mattina Tarantini ha fatto un sms e l’intercettazione è stata bruciata». «È come se avessi l’indagine sul narcotraffico più importante del mondo, sto per prendere 400 tonnellate di cocaina e vado a fare a casa del narcotrafficante intercettato una perquisizione per acquisire il riscontro della contravvenzione stradale perché è passato col rosso». Laudati critica le modalità con cui sono stati concessi i domiciliari a Tarantini, non a casa sua, a Giovinazzo, ma a Roma. «Mi sembrano gli arresti di Panariello, la pubblicità della Wind con i domestici», ci scherza su. «Un provvedimento così non lo avevo mai letto prima e non solo perché non erano a casa di Tarantini, ma anche perché c’era scritto “con facoltà di frequentazione della casa, degli ospiti...”, perché lui era ospite in quella casa..., “dei domestici e dei sanitari”, perché lui era un cocainomane e poteva avere crisi di astinenza». Laudati si sente vittima di accuse «false e calunniose» da parte del pm Scelsi e del colonnello della Finanza Salvatore Paglino. I due hanno parlato di una riunione informale sulle inchieste Tarantini che il procuratore avrebbe tenuto prima di insediarsi a Bari e nella quale si sarebbe presentato come «uomo di Alfano». «Se lo avessi fatto sarei un pazzo», replica lui.

E spiega perché: «Sono stato nominato da Prodi e quando è arrivato Alfano, siccome non condivido l’opinione del centro-destra sulla giustizia, ho fatto una domanda di trasferimento. Ritengo di essere stato vittima di un’operazione dietrologica. E se un giorno la Procura di Lecce dimostrerà che la riunione è andata come dicono Scelsi o Paglino, per favore mandatemi in manicomio».

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