dal Cairo
È stato rimesso in libertà l'uomo di 50 anni, residente in un paese vicino a Grenoble (Isère), sospettato di ricettazione per aver messo in vendita su internet i presunti capelli e bende della mummia del faraone Ramsete II.
Ieri il Commissariato dell'energia atomica di Grenoble, che nel 1977 aveva effettuato gli studi sui campioni di capelli della mummia, ha assicurato che questi frammenti non sono stati prelevati dalla mummia, bensì dal sudario che la avvolgeva. Il postino di Grenoble aveva detto di essere in possesso dei reperti perché suo padre aveva partecipato alle analisi effettuate sulla mummia del faraone, al Cea di Grenoble, nel 1977. La polizia aveva sequestrato diversi sacchetti contenenti minuscoli campioni di capelli e bende che l'uomo aveva messo in vendita sul sito www.vivastreet.fr sotto l'annuncio: «Vendita di ciocche di capelli della mummia di Ramses II». Il Cea assicura invece che i campioni erano stati raccolti all'epoca dal museo dell'uomo di Parigi e inviati poi a Grenoble sigillati. La mummia arrivata dal Cairo a Parigi per essere sottoposta ad alcune analisi non aveva in realtà mai raggiunto Grenoble. Era stato a Sarclay, nella regione parigina, che la mummia era stata sottoposta ai raggi gamma per distruggere i funghi che la consumavano. Il Cea ricorda anche che per tutto questo tempo la mummia era stata sotto il controllo del museo dell'uomo e di un rappresentante dell'autorità egiziana.
Il sedicente venditore spiegava in rete di essere in possesso delle «ciocche faraoniche» perché suo padre faceva parte di un«équipe» di scienziati francesi incaricati di analizzare la mummia del faraone, che regnò tra il 1279 e il 1213 avanti Cristo.
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