«Mi aspettavo il ko: coi dirigenti in cella non si può vincere»

Roma«Il momento è serio, drammatico, da non sottovalutare. L’unico modo per salvare il Pd è mettere in campo l’argenteria. Ovvero: costituire un organismo dirigente agile e operativo con tutti i principali dirigenti nazionali e gli uomini espressi dalle realtà territoriali forti, per dirigere il partito in questa fase cruciale». Sergio Chiamparino, sindaco di Torino, ha non poche gatte da pelare, a partire dalla terrificante crisi industriale che colpisce la sua città. Quella è la sua principale preoccupazione. Così precisa che non ha nessuna ambizione «di carriera personale» e risponde con proverbi torinesi antiretorici alle voci che lo vogliono sotto nel mirino di Berlusconi come possibile competitor: Esageruma nèn! Ma subito dopo aggiunge: «Sono disposto a spendere tempo per il mio partito, se si capisce che occorre assolutamente uscire da questo momento di crisi prima del voto europeo e amministrativo di giugno».
Sindaco Chiamparino, che dice del risultato abruzzese?
«Guardi, non è per fare il bastian contrario, ma non mi stupisce quella sconfitta».
Lei è un pessimista?
«Non è quello. Ma se si va a votare con un presidente di Regione finito in carcere, che bene o male è identificato col tuo partito, è difficile fare miracoli».
E lei ha difeso Del Turco, da garantista. Si è pentito?
«No, affatto, ho respinto e respingo giudizi sommari».
E come ha preso il fatto che Del Turco abbia ventilato di candidarsi nel centrodestra?
«Continuo a pensare che ci sono dei momenti in cui un leader deve essere disposto a scendere dal treno della politica».
Torniamo al voto, agli arresti, alla questione morale...
«Allora, quando dico che bisogna mettere in campo l’argenteria intendo questo. Il gruppo dirigente del Pd deve affrontare i problemi reali. Senza drammi, ma con nettezza».
C’è chi dice: se ammettiamo che la questione morale è anche nel nostro partito, rischiamo di andare a fondo.
« È assurdo. Io non sono mai stato per l’automatismo: avviso di garanzia-dimissioni. Non è un problema giudiziario, è un problema politico».
Ovvero?
«Voglio dire che, in molti casi, difendo gli imputati dalle accuse, perché so che può bastare nulla per far spiccare un mandato. Ma fare questo sul piano giudiziario non significa tacere il problema più grande».
Quale?
«Che puoi essere penalmente innocente, ma non per questo puoi distribuire raccomandazioni “ai famigli” e pensare che il Pd possa avere questo costume e questa immagine».
Quindi?
«Affrontare la questione morale - subito - significa riconoscere che un problema esiste anche nel nostro partito, e costituire un codice di autoregolamentazione per cui sia chiaro quel che ora non è: i comportamenti eticamente disdicevoli non sono tollerabili nel nostro partito»
Lei vede il Pd a rischio?
«Non considero una tragedia il voto in Abruzzo, e preciso che sulle inchieste bisogna distinguere: non si può mettere insieme Domenici con chi viene beccato a prendere una tangente... ».
Però?
«Però c’è un rischio serio. Molti hanno preso il Pd come un contenitore in cui raccogliere le diverse e litigiose correnti».
E non va bene, per lei.
«Ci mancherebbe. La prima cosa che Veltroni deve fare, immediatamente, è togliere di mezzo tutti i conciliaboli e i caminetti tra i dirigenti di partito».
Un partito con molte anime, dicono, ha bisogno di camere di compensazione.
«Ma il caminetto è la morte del nuovo partito! È la rappresentazione plastica e simbolica della maledizione correntizia che sta affogando il Pd, annacquando la sua capacità di progetto».
Vuole una resa dei conti?
«No. A Walter dico: non bisogna aprire cacce alle streghe! Unirci come un sol uomo, ma a patto che ci sia un segnale di discontinuità forte con il costume che ho appena descritto».
E se questo non accade?
«Guardi, non sono un pessimista, ma se rimane in piedi la giungla delle correnti, il rischio concreto è che dopo il voto delle europee, possa saltare tutto».
Ovvero?
«Che ognuna delle vecchie anime vada per conto suo».
Come si sente da «sorvegliato speciale» di Berlusconi, come possibile nuovo leader?
(ride). «Senta, sono il sindaco di una città che sta in alto a sinistra, come si diceva del Pci sulle schede, e anche un po’ ai margini. Mi sta bene. Faccio il mio lavoro.

E sono contento se riesco a salvare il centro ricerche Motorola, o gli operai in cassa integrazione. Del resto non mi importa».
Poi, magari domani sfiderà Berlusconi.
«Glielo dico come mi viene? Mi pare una bufala pazzesca».

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