«Che politico è mio marito? Per saperlo ho dovuto aprire i giornali e pigiare il tasto del telecomando allora del Tg: ho appreso che parla male dei gay, degli extracomunitari e che vuole ripristinare la taglia sui ricercati. La risposta mi è arrivata in automatico: mio marito è un politico che non mi rappresenta più». Così la signora Sabina Calderoli fa outing in unipotetica lettera indirizzata alla scrittrice Sabina Negri. Artificio letterario usato nel suo ultimo libro - Dal mercato a Markette (Harlequin Mondadori, 192 pagine, 13 euro) - da Sabina Negri, quasi-ex «sciura» Calderoli («siamo ancora sposati ma siamo vicini alludienza»), autrice teatrale, insegnante di liceo e casalinga disperata di Markette («grazie a Chiambretti sono uscita dalla depressione»).
Nonostante il matrimonio naufragato, Sabina Negri resta fedele alla Lega perché, dice, «Bossi è sempre nel cuore e voterò per lui». E resta fedele alla Cdl. Infatti strizza locchio a Letizia Moratti: «Sì mi piace molto. Le avevo anche suggerito unidea per la sua riforma: inserire educazione affettiva nelle scuole, perché i ragazzi imparerebbero a rispettarsi e a volersi bene, specie nei rapporti fra uomo e donna, molto difficili da imparare». Alla fine torna sempre qui, lex lady Calderoli. Anche nel libro, dove la protagonista è lei, nelle sue tre identità di «moglie di», scrittrice e casalinga disperata («ma non qualunque»). Un diario epistolare in stile ironico e pungente, che usa la realtà (e la sua vita) come spunto di riflessione.
E anche se dice che «la politica è la scienza dello scendere a compromessi senza compromettersi troppo», viene da chiederle: mai pensato di candidarsi? «Magari sì, ma in un movimento nuovo che curi davvero gli interessi delle donne, e che potrebbe chiamarsi, vediamo, Donne e dintorni», perché comunque adesso lunico modo per inserirsi «sono le quote rosa: è un passaggio importante, non esiste altro percorso». Anche se lei un altro percorso lavrebbe già in mente: «Il governo dovrebbe essere fatto di tutte donne e un solo uomo: vediamo poi se non lo facciamo piangere».