«Mi chiamavate mostro, vi ho evitato il Brasile»

«Su quel corner ho fatto un salto così alto, roba da uno che ha fame, come me»

nostro inviato a Duisburg
Ogni volta che il difensore più criticato d’Italia sale all’onore delle cronache per qualcosa di positivo, sembra che voglia togliersi tutti i sassolini dalle scarpe. È così anche stavolta: Marco Materazzi segna il suo primo gol al mondiale dopo essere entrato a freddo per l’infortunio di Nesta e la rete ci spiana la strada verso gli ottavi. Poi vuole mettere i puntini sulle i.
«Non sono un diavolo come spesso sono stato dipinto – l’ammissione quasi rancorosa di Materazzi -. Tra errori, falli ed espulsioni, di cavolate ne ho commesse tante, ma se ripenso a certe moviole, ai giudizi pilotati, la mia fama ha un altro senso. Eppure chiedete alla mia famiglia». Presente al completo in tribuna ad Amburgo, quasi un segno del destino. «Si parla tanto di razzismo, ma in tutti gli stadi d’Italia sono il giocatore più insultato. Di cose brutte da vedere ne ho fatte. Ma chiedete ai miei figli cosa dicono loro a scuola quando Materazzi diventa il “mostro” del campionato. Cose irripetibili, ferite che ti rimangono. Loro mi hanno aiutato a cambiare, sono la bocca della verità. Credete che quando ho commesso i miei errori mi abbiano coccolato perché ero un calciatore di serie A?».
Ed ecco l’occasione di rivincita, il gol alla Repubblica Ceca che ha dell’incredibile. «Al momento di entrare al posto di Nesta, avevo un malloppo dentro, tutta tensione, alle volte dovreste venire voi al nostro posto. Poi sono saltato così in alto, con quella spinta che chissà da dove veniva. Ho segnato il gol che ci ha fatto evitare il Brasile. Se era la finale, mi facevate beato. Quel gol è di chi ha fame, come me». Dopo il salto, torna con i piedi per terra. «Sull’1-0, ho fermato Nedved: ho fatto un’entrata disperata su di lui lanciato a rete. Se avesse spostato il pallone, sarei stato espulso: e oggi si parlerebbe del solito Materazzi».
Ma lui non vuole parlare di riscatto. Con un divorzio dall’Inter e da Mancini alle porte. «Mi avevano chiamato Moratti e Facchetti - ha spiegato il difensore azzurro -. Ma il messaggio più bello me lo ha mandato Hector Cuper, uno dei più grandi condottieri. Era un anno che non lo sentivo, mi ha fatto molto piacere». E Mancini? «No, lui è in barca. Non segue i mondiali...», la risposta secca di Materazzi che poi specifica: «Lui è un timido, non esprime facilmente le sue sensazioni. Ma sono certo che anche lui sia orgoglioso del mio gol».
E a ruota arriva il messaggio «velenoso» alla società: «Il mio rendimento in cinque anni non è stato inferiore a nessuno. E se mi vogliono rinnovare il contratto, devono tener conto di questo più che della rete di Amburgo». Anche se si dice «orgoglioso di essere interista» dopo i deferimenti per l’inchiesta sul calcio. «Noi siamo puliti e al di sopra di ogni sospetto. Se ci daranno lo scudetto, lo prenderemo senza festeggiare. Magari però vinciamo il Mondiale, e la Juve non la mandano in B. Questa situazione spiace per i compagni, ma chi ha sbagliato deve pagare. Ma quando ieri ho segnato, ho visto una macchia d’oro correre ad abbracciarmi. Era uno juventino, Buffon». Perché il gruppo azzurro va al di là del colore della maglia nei club. E della brutta storia non si parla, perché i ragazzi azzurri «vogliono tutto e sono disposti a tutto per averlo, come me e Gattuso». O come De Rossi, al quale Materazzi ha dedicato la sua rete anche oggi che la Fifa gli ha inflitto quattro giornate di squalifica. «Ha sbagliato, come ho sbagliato io tante volte - spiega Materazzi -. Ma siamo ragazzi. A Daniele l’ho detto: capirai quanto ti serve questa storia solo se non ti autogiustificherai come ho fatto tante volte anche io».
L’ultimo messaggio è a Hiddink, il ct australiano che ci eliminò quattro anni fa in Corea. «Non può andare bene sempre a lui, certo che per noi incontrarlo di nuovo avrà un sapore particolare. Ci sarà voglia di rivincita. Mi avete visto ieri come ho giocato contro Poborsky. Aveva tolto lo scudetto all’Inter quel 5 maggio».

Ma guai a parlare di strada spianata verso la semifinale. «Si diceva così anche per Inter-Villarreal di Champions, poi sapete com’è andata a finire». Perché, quando vuole, Materazzi sa far funzionare la testa. O sa farla trovare nel posto giusto al momento giusto.

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