«Mi considero un cartone animato»

La qualità qualche volta paga. E il premio alla carriera che Massimo Boldi riceverà martedì alla serata conclusiva del «Film Festival Awards» dedicato al cinema indipendente, arriva come la degna ciliegina sulla torta di 30 anni di carriera costellati da successi ma anche da qualche amarezza. Come quando lo scorso anno si vide ingiustamente escluso dal David assegnato al compagno di cinepanettoni Christian De Sica. La rivincita «Cipollino» se la prese qualche mese dopo, ricevendo dalle mani di Napolitano il premio intitolato al papà di Christian, Vittorio. Ubi maior.
Acqua passata, signor Boldi?
«Cosa vuole che le dica, i film di Natale erano una creatura mia e di Christian, ma io ho pagato la mia uscita dalla Filmauro dei De Laurentiis, e anche l’assenza dai salotti romani. Però a me interessa il pubblico che mi ha sempre ripagato di tutto. Quanto a Christian, siamo rimasti amici».
Poi in Italia voi comici avete sempre avuto vita dura. Successe pure a Totò...
«Siamo bistrattati, è vero. Ma a proposito di Totò ricordo con piacere un aneddoto. Quando Goffredo Fofi e la vedova De Curtis Franca Faldini pubblicarono L’uomo e la maschera, me ne inviarono una copia con una dedica: caro Massimo, adesso tocca a te...»
Bella soddisfazione. D’altronde in onore della risata lei ha fatto praticamente di tutto, cabaret, cinema, televisione e teatro. Lei dove ha riso di più?
«Beh, il cinema è l’abito che mi calza meglio e che mi ha permesso di diventare un evergreen, come è accaduto a tanti come Tognazzi o Vianello. Il teatro è utile a perfezionarti nel mestiere. La fiction a puntate, invece, è un prodotto complicato anche perché bisogna confrontarsi con l’incognita del telecomando e dell’auditel che, me lo lasci dire, non è al di sopra di ogni sospetto».
Lei ne sa qualcosa, Canale 5 sospese «Fratelli Benvenuti» per quell’impietoso 12 per cento.
«Fu una delusione, perché era un prodotto ottimo con bravi attori come Barbara De Rossi, la Gregoraci e Gloria Guida tornata sul set. Poi però ho visto i dati di altre fiction nella stessa fascia oraria che non sono andate meglio. Il problema, a mio avviso, riguarda la televisione in chiaro e il pubblico che sta cambiando gusti. Comunque Fratelli Benvenuti tornerà presto».
Tornando al grande schermo, lei deve molto ai cinepanettoni. Non ne ha fatti un po’ troppi?
«Troppo pochi vuole dire. Scherzi a parte, a un certo punto ho deciso di mollare perché era diventato un genere un po’ pesantino. Ora ho appena finito di girare “A Natale mi sposo“, che uscirà prima delle feste, in cui ci sono tracce di quella comicità ma è più educato, più consono allo stile di Cipollino».
Lei però a un certo punto, con Pupi Avati, ha recitato anche una parte drammatica. Poi ha lasciato stare, perché?
«Era il ’96 e ho un ottimo ricordo di quel film, che si intitolava Festival. Fu presentato a Venezia e al termine della prima ho ricevuto dodici minuti di applausi, una cosa commovente. Poi, però, la gente non andò a vederlo...»
E così è tornato a fare il comico
«Comico? Se proprio dovessi darmi una definizione, direi che sono come un cartone animato, un disegno senza età e asessuato come Topolino...»
Che però, in fondo, ha inventato fedeli ritratti di costume della società italiana.
«Beh, interpreto una realtà che rispetto a 40 anni fa, in fondo è rimasta la stessa: l’aumento della benzina, gli stipendi che non bastano, le alluvioni... A cambiare il Novecento è stata soprattutto la tecnologia».
E il nuovo millennio?
«Promettente, anche se purtroppo mi ha lasciato vedovo. E allora ho stravolto la mia vita, ho lasciato i De Laurentiis e ho aperto una mia casa di casa di produzione».
Nessuno l’ha mai più vista al fianco di Teocoli neanche per sbaglio. Come mai?
«Ci siamo allontanati in modo drastico per differenze di gusti.

A lui il cinema non interessa e io non cerco show televisivi. Ci vogliamo bene ma ormai ci chiamiamo soltanto per dirci: hai visto che è morto quello là?...»
Ma se qualcuno vi invitasse tutti e due?
«Disponibilissimo, in fondo siamo cresciuti insieme».

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