«Mi manda Marrazzo» Cancellati i giornalisti

Abolito il contratto di categoria per i dipendenti dei gruppi consiliari

da Roma

Certo che con un presidente che vanta un curriculum da difensore dei diritti, garante dei consumatori e per di più giornalista, uno scherzetto così non se lo aspettava nessuno. E invece la Regione Lazio guidata da Piero Marrazzo ha rifilato un colpo bassissimo alla ventina di addetti stampa dei gruppi consiliari. Questi, quando il governatore era Storace, si erano visti riconoscere l’applicazione del contratto giornalistico a tempo determinato. Ma quel regolamento, che prevedeva tra l’altro l’utilizzo di cronisti iscritti all’Ordine, è svanito come neve al sole. Mandando su tutte le furie anche la Federazione nazionale della stampa, che riassume così il tiro mancino in una nota diffusa ieri: «Con un colpo di mano, nella seduta del 15 giugno scorso dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale del Lazio si è modificato il testo, cancellando la figura del giornalista, eliminando il riferimento al contratto di categoria e inserendo un generico riferimento a un “addetto alla comunicazione”».
Insomma, un bel taglio alle spese, ma alla faccia delle garanzie e alla faccia, anzi, in «violazione palese», della legge 150/2000, quella che regola la costituzione degli uffici stampa istituzionali, insiste ancora la Fnsi. Che definisce «arrogante» l’iniziativa dell’organismo presieduto da Massimo Pineschi (eletto nella Lista Marrazzo), parlando di «uno schiaffo ai tanti colleghi riconfermati, che già da tempo lavoravano per i gruppi consiliari e che non sono mai stati pagati».
Forse è la prima applicazione pratica - non troppo pratica per i malcapitati colleghi, certo - del principio-tormentone sbandierato da Marrazzo fin dal giorno dopo la sua elezione: la «discontinuità» rispetto alla giunta Storace. Dimenticata quando l’ex conduttore di «Mi manda Rai Tre» ha voluto assumere i suoi consulenti esterni, ma rispolverata per l’occasione.
Discontinuità parziale, peraltro. Con l’attuale ministro della Salute, infatti, lo status di giornalisti era comune a tutta la Regione, dall’ufficio stampa della giunta in giù. Il nuovo regolamento, invece, ha diviso gli addetti stampa in tre caste. In cima quelli che lavorano per la giunta, consulenti o assunti con regolare contratto di categoria. Sul secondo gradino i responsabili della comunicazione degli assessorati, inquadrati come amministrativi, ma che almeno si vedono riconosciuti i contributi all’Inpgi. Ai piedi della piramide i «paria» di tutti i gruppi consiliari, degradati appunto ad «addetti alla comunicazione». Pineschi, però, si difende.

Sostiene che la decisione dell’ufficio di presidenza del consiglio non ha voluto violare il contratto giornalistico, ma solo «consegnare ai capigruppo la scelta del tipo di rapporto contrattuale da instaurare». E il presidente giornalista? Per ora tace.

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