«Mi manda papà: votate per me»

Tra i candidati il figlio di Jimmy Carter e quello di Harold Ford, leader del movimento afroamericano degli anni ’70

Giuseppe De Bellis

nostro inviato a New York
È bello essere figli. Allora Harold Ford Junior non è solo bravo. È fortunato, anche. Come Thomas Kean Junior, Bob Casey Junior, Lincoln Chafee e Andrew Cuomo. Affari di famiglia: la politica l’hanno conosciuta in casa. Papà ha dato istruzioni e loro hanno eseguito: tanti sorrisi e tante amicizie. Sembra facile: nel Paese dove un presidente è figlio d’arte e la principale candidata alla sua successione è una moglie d’arte, la dinastia è quasi una regola. Nonni, padri, figli, nipoti. Il testimone passa: generazioni. L’evoluzione della specie.
Sugli scranni di Washington ci sono già sei eredi: i democratici Chris Dodd del Connecticut, Evan Bayh dell'Indiana e Mark Pryor dell’Arkansas; i repubblicani Chafee, Robert Bennett dello Utah e Lisa Murkowski dell’Alaska. Poi gli altri. Tradizione: il senatore Elizabeth Dole della North Carolina. È la moglie di Bob Dole che fu sconfitto da Bill Clinton nel 1996 e adesso si ritrova ogni giorno con la moglie di Clinton. Quest’anno corrono anche Jack Carter, figlio di Jimmy: vuole un seggio al Senato statale del Nevada; il democratico Chet Culver, figlio di un vecchio senatore cerca di diventare governatore dell’Iowa. Beau Biden, erede del celebre senatore democratico Joseph Biden, sta per diventare il nuovo attorney general del Delaware.
Tutti in corsa per la storia. Per non deludere mamma e papà, per non disonorare un cognome, per continuare una stirpe. Così Harold Ford oggi corre al Senato per il Tennessee. Il papà, Harold Ford Senior, fu leader del movimento afroamericano del Sud negli anni Settanta. Il ragazzo ha imparato bene: è sveglio, forse il giovane più sveglio della politica Usa. Amico di tutti e nemico di pochi, democratico ma conservatore allo stesso tempo. Dal padre ha capito anche come si sta in pubblico: il grande fu l’unico uomo di colore a sedere all’assemblea generale del Tennessee, Junior nel 2000 ha avuto l’onore di pronunciare il keynote speech alla convention democratica che portò alla candidatura presidenziale di Al Gore: aveva trent’anni, il ragazzo prodigio. Ora può diventare un democratico eletto nel profondo Sud. Se arriverà nella Camera alta del Congresso si troverà fianco a fianco con Bob Casey, che sta per vincere la corsa al seggio senatoriale della Pennsylvania.
Cattolico, contrario all’aborto, Bob è figlio di quel governatore democratico a cui il partito, nel 1992, aveva impedito di parlare «a favore della vita» alla convention di Filadelfia. Casey ha 46 anni, dieci in più di Ford. Fino a ieri faceva il Segretario al Tesoro del suo Stato. Combatte come Harold. Perché come lui è un democratico diverso. Così Ford respinge l’attacco dell’avversario che pur di vincere punta su uno spot razzista in uno posto che razzista lo è stato. Casey, invece, si difende contro Rick Santorum, il rivale che era favorito e invece non è riuscito a convincere gli elettori a ridargli il voto.
Lincoln Chafee, invece, li ha quasi convinti. È il repubblicano nemico di Bush, o almeno è così che la stampa liberal l’ha definito. Ha vinto le primarie del Rhode Island e può prendersi il suo secondo mandato. Anche lui è figlio, erede, ultimo anello di una dinastia. Lincoln è al Senato da quando è morto il padre John, che rimase al Congresso per quattro mandati consecutivi. Chafee Junior se la vede con il democratico Bill Lynch, che in un comizio è stato costretto a riconoscere il vantaggio dell’avversario: «Il suo cognome merita rispetto da parte di tutti». Lo stesso che ha Thomas Kean jr., che non appena lo nominano in New Jersey gli stendono i tappeti rossi. Merito non suo, ovviamente. Lui ce la mette tutta, ma non sa se gli basterà per vincere da repubblicano in uno Stato che da sempre vota democratico.
Il nome serve, però. Il padre, Tom Senior, è stato uno dei pochi a invertire la tendenza: governatore e senatore. È stato anche copresidente della commissione d’inchiesta sull’11 settembre. I Kean contano a Trenton: c’è anche un’università che porta il loro nome. Fu fondata nel 1855 e sta lì a dimostrare orgoglio e potere di una famiglia.
Tom Junior ha 38 anni, dodici in meno di Andrew Cuomo. Il figlio dell’ex governatore di New York è uno che potrebbe avere già un erede, invece continua a essere un'eterna promessa. C’è anche lui in corsa quest’anno. È il candidato democratico alla successione di Eliot Spitzer alla carica di procuratore generale dello Stato di New York. Gli avevano pronosticato un futuro da grande. Aveva fatto il ministro, con Clinton.

Poi ha fallito: nel 2002 perse contro Pataki la gara per essere governatore.
Vuole rientrare dal basso. Dalla finestra. La gente non lo ama, però. È bello essere figli. Poi quando si diventa padri, il vestito comodo comincia ad avere dei difetti.

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