Spettacoli

"La mia diva Lucia Bosè, la madre che accettò le scelte del suo Miguel"

L'attrice da stasera nella serie di Paramount+ "Una donna rimasta sola per tutta la vita"

"La mia diva Lucia Bosè, la madre che accettò le scelte del suo Miguel"

Milano 1942. Per sfuggire ai bombardamenti, la famiglia Bosè ammassa tutto su un carretto, e decide di sfollare dalla città. Ma il carretto ha fatto solo pochi metri che una voce chiede: «E Lucia? Dov'è Lucia?». Lucia non c'è. Ha solo dieci anni, e si sono dimenticati di lei. Corre dietro al carretto, tutta sola, piangendo. «Un ricordo che non l'abbandonerà mai racconta Valeria Solarino - e che nella sua autobiografia Lucia Bosè definirà: Il momento in cui ho capito di essere sola al mondo». È stato proprio a questa solitudine, e alla malinconia che puntualmente ne produceva il ricordo, che l'attrice si è ispirata per interpretare la splendida diva cinematografica degli anni '50 nella serie Bosè: il bio-pic (da oggi disponibile su Paramount +) sulla vita del più conosciuto dei figli di Lucia, Miguel. Prodotta in Spagna e interpretata nel ruolo del protagonista da due attori (José Pastor è il Miguel adolescente, Iván Sánchez il Miguel adulto) Bosè segue tormenti e successi del primo figlio dell'attrice e dell'acclamato «toreador» Luis Miguel Dominguin, dal momento della separazione dei celebri genitori, nel 1968, alla vasta popolarità raggiunta col cinema prima e la canzone poi.

«La bellezza di Lucia era lineare, essenziale, molto moderna riflette la Solarino, che la incarna dai 35 agli 80 anni -. Quando ho dovuto sostenere il provino ho cercato di pettinarmi e truccarmi come lei, ma sapevo che, a parte qualche elemento somatico comune, quel che interessava agli autori di Bosè era soprattutto renderne la complessa, affascinante personalità».

Crede di aver capito quale fosse?

«Per scoprirla ho visto tutte le sue interviste, letto la sua autobiografia, riflettuto. Credo fosse una donna forte, tenace, indipendente. Ma con un perenne velo di malinconia nello sguardo. La solitudine che scoprì correndo dietro a quel carretto, in fondo, l'ha accompagnata tutta la vita. Da quando, scoperta nel 1947 da Luchino Visconti in una pasticceria di Milano, divenne miss Italia, fino a quando morì due anni fa, di Covid».

Sola e malinconica anche una volta finito il matrimonio col torero Dominguin, cioè nel periodo in cui è ambientata la serie?

«Allora più che mai. La solitudine, se è per questo, era iniziata anche prima: conosciuto Dominguin e trasferitasi in Spagna da dodici anni, Lucia era stata costretta dal marito a non parlare più italiano, a non cucinare italiano, e soprattutto a non fare più l'attrice. In cambio lui le promise di non scendere più nell'arena. Promessa che si guardò bene dal mantenere. Sradicata dalle origini, concentrata solo sui tre figli, tradita ripetutamente dal torero, in fondo, Lucia era sola anche da sposata».

E dopo?

«Dopo continuò a vivere nella casa si famiglia, anche se cadeva in pezzi, come sulla sola roccia che potesse darle un senso di stabilità. E quando il figlio, ormai famoso, le propose di acquistarne una nuova, lei rifiutò».

Che rapporto aveva Lucia con Miguel?

«Lo amava moltissimo. Miguel aveva sempre vissuto in un ambiente privilegiato: suo padrino di battesimo era stato Visconti; casa sua era frequentata da Ernest Hemingway, da Pablo Picasso. Quando manifesta il desiderio di darsi allo spettacolo lei lo sostiene, lo incoraggia anche contro il parere del padre. Soffre molto quando il lavoro lo porta lontano (ecco ancora una volta la solitudine che torna - ndr) ma è orgogliosa del suo crescente successo. Accetterà anche le sue inattese scelte sentimentali. Era una donna aperta».

Secondo lei che tipo di spettatori attirano «bio-pic» come questo? Chi, per questioni d'età, ha conosciuto il personaggio in questione, o il giovane che vuole saperne di più?

«Su di me funzionano entrambe le molle. Pur ammirando Miguel Bosè non sapevo niente della sua vita. Non l'ho mai incontrato: vive in Sudamerica, sta promuovendo la serie.

E sarei curiosissima di sapere cosa ne pensa del modo in cui ho interpretato la sua splendida mamma».

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