Caro direttore,
giovedì 11 dicembre ricevo una telefonata dal mio medico curante che mi dice di non recarmi il giorno dopo in ospedale per la chemioterapia. Non so, nel bene o nel male, quanto questo sia per me influente. Prendo però atto che il mio tumore è certo iscritto alla Cgil e quindi si asterrà dal continuare di cercare di fregarmi, almeno in occasione di questo sciopero. Allego tutti i miei dati, ma devo pregarvi di non pubblicarli, non vorrei trovarmi con sulla prossima pensione la trattenuta a favore di detto sindacato.
«Cè una lettera sullo sciopero», mi ha detto oggi lamico Maurizio, gran mogol della segreteria di redazione. «Ancora sciopero? Non abbiamo altri argomenti?». «Questa la devi proprio leggere. Secondo me la devi pure pubblicare». Ancora una volta aveva ragione lui. Daltra parte non si diventa mogol per nulla. La lettera dellamico di Genova è la più feroce denuncia che si potesse fare di quello sciopero, sciocco e inutile. Noi labbiamo raccontato in tutti i modi, per la verità spendendo fiumi di parole. Al lettore, invece, bastano poche righe per dimostrare, con sapienza e ironia, che i disagi creati quel giorno, pur essendo stati pochissimi, sono stati comunque troppi.
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