Chi ci vive ha difficoltà ad ammetterlo o più semplicemente, avviluppato nella contagiosa fretta meneghina, non se ne accorge: eppure cè chi trova la nostra città incredibilmente poetica. La pensano così molti artisti, anche quelli forestieri, che restano incantati dalleclettismo delle architetture del centro, dagli ocra sbiaditi delle ex periferie industriali, dallo sciame umano sempre attento al vezzo estetico, qualcuno perfino dal suo sottofondo acustico. Già, i suoni. Era il lontano 1987 quando Herbert Distel, artista svizzero di Berna, iniziò metodicamente a registrare quelli della Stazione Centrale in cui era solito approdare durante i numerosi viaggi in Italia. Nessuno, sempre a causa della proverbiale fretta, fece probabilmente caso a quel giovane barbuto che, con elvetica precisione, disponeva i suoi microfoni lungo le piattaforme sovrastate dalle grandi arcate in acciaio che formano i tre inconfondibili cannocchiali diretti a sud. Per due anni registrò tutto, le voci dei viaggiatori, i rumori stridenti dei macchinisti, i fischi dei capotreni, e gli echi degli altoparlanti che, senza soluzione di continuità, scandiscono gli annunci dei convogli in arrivo e in partenza.
«Non so perchè rimasi così colpito da quel sottofondo che, daltra parte, dovrebbe assomigliare a quello di tutte le altre stazioni dellOccidente. Poi capii che era la particolare architettura delle sue gallerie a generare riverberi talmente particolari da farmi venire lidea di comporre unopera». La Stazione, questo il titolo della composizione musicale creata da Distel e già presentata in diverse città europee, verrà trasmessa per la prima volta questa sera allHangar Bicocca, come ultima tappa del progetto I was driven on and on, «un programma di incontri sulle modalità di rapporto tra spaesamento e produzione svoltisi tra Roma, venezia e Milano».
Alle 19.30 lartista svizzero, approdato alla ricerca sonora alla fine degli anni 80 dopo un percorso nelle arti visive e in particolare nella scultura, racconterà la genesi e la creazione di un progetto durato due anni di lavoro. Due anni in cui, ovviamente, la post-produzione ha rappresentato la fase più creativa e difficile. «Unoperazione come la mia si definisce in gergo tecnico field recordings - racconta Distel - ovvero registrazioni sul campo, e sono state queste le basi per unopera ambient-concreta divisa in cinque parti e due atti». Ognuna delle parti di quella che oggi è definita dagli appassionati unopera cult, è dedicata a una personalità italiana: Trecentocinquantatre in onore dello storico e saggista Arturo Schwarz, Torino-Ritardo dedicato alla scrittrice Matilda von Meysenbug, Capocaponeralearti al produttore di vini della Rioja Federico Paternina, Transeuropexpress per Teresita Fontana, vedova di Lucio Fontana, e infine Diretto - Binario sette dedicato a Valeria Manzoni, madre di Piero Manzoni. Le parti sono accompagnate da sottotitoli che si basano su annunci della stazione ferroviaria e si mescolano con una base musicale continua.
La musica si fonde con i rumori riconoscibili dello sferragliare dei treni, con quelli delle porte che si chiudono, degli annunci, dei fischi dei capotreni e delle persone che corrono. «Tutte queste fonti sonore sono state elaborate e stratificate, dando così forma ad un unico paesaggio sonoro, con una combinazione auratica ed onirica fra rumori industriali e riverberi».
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